Roma (NEV), 10 luglio 2020 – Quasi 100 miliardi di euro in export militare. Questi i dati emersi nel corso di una conferenza stampa tenutasi ieri a Roma e promossa da Rete italiana per il disarmo, di cui fa parte anche la Commissione globalizzazione ambiente (GLAM) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), insieme a Rete della pace.
La conferenza si è svolta in occasione del trentesimo anniversario del voto di approvazione della Legge 185/90 che regola l’export militare (denominata “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”).
“In questi 30 anni sono state autorizzate esportazioni dall’Italia per materiali d’armamento per un controvalore di 97,75 miliardi di euro a valori correnti (che diventano 109,67 miliardi di euro con il ricalcolo a valori costanti 2019)” scrivono i promotori dell’iniziativa, che ritengono la Legge 185/90 “una legge avanzata e innovativa nei principi e nei meccanismi, ma che ha perso molta della propria efficacia a causa di modifiche e applicazioni non corrette”.
La situazione di distanza tra i principi della Legge e la sua applicazione, scrive ancora la Rete italiana disarmo, è ben delineata dai dati. Sul divieto ad esportare armi verso Paesi in stato di conflitto armato, sotto embargo internazionale, con politiche in contrasto con l’articolo 11 della nostra Costituzione, con gravi violazioni dei diritti umani, si presenta questa situazione: “Dopo un paio di decenni di applicazione abbastanza rigorosa, i Governi hanno iniziato ad avere come obiettivo il sostegno all’export militare e non il suo controllo. Nel solo lustro 2015-19 le autorizzazioni (a valori correnti) sono state di poco superiori a quelle totali dei quindici anni precedenti (44 miliardi contro 43,5 e situazione di sostanziale pareggio anche considerando valori costanti al 2019). […] Gli ultimi cinque anni hanno poi accentuato la tendenza ad esportare al di fuori delle principali alleanze politico-militari dell’Italia (cioè verso Paesi non appartenenti all’UE o alla Nato): ben il 56% cioè 24,8 miliardi contro 19,2 miliardi. Possiamo quindi affermare che in tutto il corso di applicazione della Legge più della metà dell’export sia stato autorizzato al di fuori della naturale area di azione internazionale dell’Italia: un dato preoccupante se si considera che – secondo il testo della norma – le esportazioni di armamenti «devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia».
Gli Stati del Medio Oriente negli ultimi 5 anni hanno raddoppiato la loro quota media arrivando al 45,9% del totale delle licenze individuali (poco meno di 19 miliardi di euro). Nello stesso periodo i primi 20 Paesi della classifica (su un totale di circa 90 destinatari) hanno tutti ricevuto oltre 300 milioni di euro di autorizzazioni nel corso dell’ultimo lustro. “In testa troviamo due Stati autoritari mediorientali come Kuwait e Qatar (per le maxi-commesse di aerei e navi) – spiega Rete disarmo –seguiti da vicino da Regno Unito e Germania (soprattutto per la cooperazione Eurofighter) e ad una distanza maggiore da Francia, Stati Uniti d’America e Spagna. Subito dietro, grazie ad una serie di copiose licenze negli anni più recenti, altri Paesi problematici come Pakistan, Egitto, Turchia, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. A completare la “Top15” troviamo Norvegia, Australia e Turkmenistan”.
La presentazione di questi dati è stata anche occasione di confronto con le Istituzioni (dal Governo al Parlamento) e con organizzazioni della società civile italiana fra cui Amnesty International Italia e Save the Children Italia. Sia alla Camera sia al Senato si discute proprio in questi giorni sul rapporto governativo relativo all’export 2019: “non accadeva da anni ed è dunque segno di una rinnovata attenzione a questa delicata tematica”.
Rete Italiana per il Disarmo e Rete della Pace chiedono di essere audite dal Parlamento per portare il proprio contributo al dibattito, anche in nome della “continua e crescente perdita di trasparenza” in materia.
Il controllo dell’export militare è, secondo i promotori, “fondamentale per la nostra politica estera, per la responsabilità dell’Italia nei confitti armati e per poter realmente ambire alla promozione i della Pace a livello internazionale”. Tra le richieste delle due Reti, l’inserimento di codici identificativi e della data di ciascuna licenza, valutazioni sui Paesi destinatari, un fondo per la riconversione dell’industria militare.
Nel chiedere piena e rigorosa attuazione della Legge 185/90, Rete italiana disarmo e Rete per la pace concludono: “Continueremo a denunciare ogni manomissione, disapplicazione, aggiramento” soprattutto sottolineando le ingenti forniture di sistemi militari ai tiranni di mezzo mondo. Rilanciando le azioni di mobilitazione su questo tema (tra cui la Campagna ‘banche armate’)”.
Qui l’analisi dei dati di export militare dei primi 30 anni di 185/90 nel documento “30 anni della Legge 185/90 sull’export militare: dati ed analisi di tre decenni di vendita di armi italiane”scaricabile in PDF
In diretta dall'Hotel delle NazioniConferenza stampa seguita da dibattito – Giovedì 9 luglio 2020 ore 10.30
Pubblicato da Rete Italiana per il Disarmo su Giovedì 9 luglio 2020