Siria e diritto alla salute / 1.“Ne uccidono di più le sanzioni della Guerra”

Fino al 15 luglio, un editoriale in tre puntate del medico Luciano Griso, responsabile di Medical Hope, il progetto che fornisce assistenza sanitaria ai migranti. Iniziamo con una “panoramica delle sanzioni” che hanno colpito e colpiscono la popolazione siriana dall’inizio della guerra a oggi

La Chiesa siriaca ortodossa Em Zenar di Homs completamente distrutta durante il conflitto

Roma (NEV), 13 luglio 2020 – Da oggi, 13 luglio, fino a mercoledì 15 luglio, in tre puntate, il medico Luciano Griso, responsabile di Medical Hope (che nell’ambito di Mediterranean Hope, programma rifugiati e migranti della Federazione delle chiese evangeliche in Italia – FCEI -, fornisce assistenza sanitaria ai migranti) ci aggiorna sulla situazione sociale e sanitaria in Siria.

In questa prima parte, Griso traccia una “panoramica delle sanzioni” che hanno colpito e colpiscono la popolazione siriana dall’inizio della guerra a oggi, con in più la pandemia incombente di coronavirus.

“Ne uccidono di più le sanzioni della guerra”. Sono queste le sorprendenti parole con cui il Direttore Sanitario del maggiore ospedale pubblico di Damasco accolse la piccola delegazione di Mediterranean Hope che nell’estate 2017, su invito della Chiesa Siriaca Ortodossa, si era recata in Siria per portare la solidarietà della FCEI alle Chiese ed alle popolazioni locali, prostrate dalla lunga guerra che si combatteva da anni sul loro territorio. Questa frase nei giorni seguenti divenne un mantra: ovunque ci recassimo, invitati per visite e colloqui, veniva ripetuta e diversamente declinata a seconda della situazione e dei luoghi … come presso la Parrocchia della Chiesa Ortodossa in Homs, alle prese con il disperato tentativo di far di nuovo dialogare bambini e ragazzi di etnie diverse, facendoli interagire fra loro, sia attraverso varie attività espressive e di disegno rese estremamente difficoltose dalla carenza, “a causa delle sanzioni”, del materiale didattico necessario, sia mediante un corso di “buone maniere” (questa sembrava un’iniziativa, in piena Guerra, davvero inverosimile, ma, commentava il Vescovo, la porta della cui abitazione era crivellata di proiettili, “se si vuol ricominciare a costruire un futuro di convivenza bisogna riapprendere il rispetto reciproco, fin dall’infanzia”) … oppure come al festival musicale per bambini ed adolescenti presso una Chiesa di rito latino a Damasco, i cui organizzatori si lamentavano per la mancanza di corde per gli archi dell’orchestra, che non potevano più importare come prima dall’estero “per le sanzioni” … o come all’Ospedale nei pressi di Homs (che, assalito l’anno prima dall’Isis, aveva avuto undici fra medici ed infermieri sgozzati dai miliziani) i cui dirigenti ci parlavano della difficoltà di far funzionare il loro centro di Cardiologia Interventistica per l’impossibilità di procurarsi il materiale tecnico necessario “a causa delle sanzioni”

Son passati tre anni da allora ma le sanzioni economiche, introdotte dall’Occidente fin dall’inizio della guerra civile nel 2010/11 nei confronti della Siria, non solo non si sono allentate, ma a giugno scorso sono state ulteriormente reiterate ed aggravate, sia dagli USA, con il cosiddetto Caesar Act che blocca ogni tipo di transazione economico/finanziaria/commerciale con la Siria, sia dall’UE, che, pur muovendosi sulla stessa scia degli USA e confermando le sanzioni, per salvare la faccia consente il finanziamento di interventi umanitari purché non coinvolgano il governo siriano, come se fosse possibile effettuare interventi efficaci in un contesto così deteriorato senza un coordinamento nazionale effettuato dalle autorità competenti.

Luciano Griso
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