Ripartire dal G8 di Genova

Il ricordo e la riflessione di Antonella Visintin, coordinatrice della Commissione globalizzazione e ambiente (GLAM) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), sui fatti del luglio 2001

Roma (NEV), 20 luglio 2020 – “E’ stato importante esserci”. Questo diceva del G8 di Genova l’agenzia Nev il 25 luglio 2001, riprendendo dal settimanale evangelico Riforma le parole di Luca Monaco, presidente dell’allora Federazione delle chiese evangeliche di Liguria e Piemonte.

Chiese protestanti che avevano scelto di essere in piazza, nel capoluogo ligure, insieme al movimento altermondialista che oggi celebra quell’anniversario e ricorda l’assassinio di Carlo Giuliani, ucciso il 20 luglio di 19 anni fa.

“Il Social forum mondiale – spiega Antonella Visintin, coordinatrice della Commissione Globalizzazione e ambiente (GLAM) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia – era riuscito a raccogliere la preoccupazione diffusa rispetto alle aggressioni del neoliberismo, un percorso che era montato ed aveva la forza anche del mondo moderato, dall’Arci alle Acli, all’Agesci”.

Nel 1997 la chiesa riformata aveva iniziato, a questo riguardo, “un processus confessione, nei confronti del capitalismo neoliberista che si è concluso ad Accra nel 2004. La GLAM in quegli anni interagiva con questo percorso, aveva prodotto tra l’altro un contributo specifico al processus”.

Il coordinatore della Commissione della FCEI che si occupa di globalizzazione e ambiente era allora il pastore Franco Giampiccoli. “Aveva fortemente creduto e voluto essere a Genova. Sapevamo che sarebbe stato pericoloso, ma pensavamo fosse giusto partecipare. Eravamo una trentina di persone, tra chiese di Genova e rappresentanti della GLAM – continua Visintin – . Il nostro gruppo fortunatamente non fu direttamente coinvolto nella “macelleria”. Io personalmente però mi trovai in un altro punto del corteo, sono dovuta scappare e sono arrivata a casa fortunosamente”.

Come tante e tanti, centinaia di persone che fecero i conti con le violenze da parte delle forze dell’ordine, con la mattanza della scuola Diaz e della caserma di Bolzaneto, vivendo una tra le pagine più nere della storia italiana, la “più grave sospensione dello Stato di diritto dal secondo dopoguerra” come la definì Amnesty International.

E oggi, cosa è rimasto di quei momenti e di quelle lotte, a un anno dal ventennale di quelle “giornate cilene”?

Secondo la coordinatrice della GLAM, “Genova di per sé è stata rimossa dalla coscienza collettiva. A parte chi c’è stato, al di là di chi ha vissuto quell’esperienza, è come se fosse rimasta la memoria della violenza ma si fosse stemperata la memoria delle ragioni. Il movimento che si opponeva alla globalizzazione neoliberista non ha retto” il contraccolpo di quelle violenze.

Ma giustizia sociale, lotta ai cambiamenti climatici, redistribuzione delle ricchezze: le ragioni del movimento restano più che mai attuali.

“Quell’esperienza vive anche nel percorso che la GLAM ha continuato a fare, e di quanti contestano questo modello di economia e i valori che lo legittimano. Alcuni pezzi del mondo cristiano hanno continuato a seguire il Social forum, scegliendo la modalità “dal basso”, propria della stagione dei forum sociali, come modus operandi del proprio impegno quotidiano”.

Il tema della giustizia climatica, in particolare, “già portato all’attenzione pubblica dai giovani dei Fridays for future, è stato amplificato dall’emergenza sanitaria: il Covid19 ha come ricreato la sensazione di essere sull’orlo di un baratro, che aveva portato in piazza tanti movimenti nel 2001.

Oggi come allora c’è una domanda di cambiamento che però più di allora si autorappresenta: ripartiamo da lì, riattualizziamo le ragioni di Genova. Raccontiamo le istanze di quel movimento, per provare a ricomporre quelle lotte, per provare ad affermare la necessità di un cambiamento strutturale della società, un cambiamento di coscienza, per tornare ad una domanda di cura, giustizia, equità.

Se riunissimo le lotte, dai giovani per la giustizia climatica alle manifestazioni contro il razzismo negli Stati Uniti, alle proteste contro il lavoro povero e precario e non solo, riempiremmo ancora Genova – conclude Visintin – e idealmente è come se tornassimo lì, a manifestare per un altro mondo possibile”.