Libertà religiosa e sicurezza dello Stato: un equilibrio necessario

Lunedì 8 novembre, a Roma, si è tenuto il convegno “Libertà di religione e sicurezza nello Stato laico”, organizzato dal Centro studi sulla libertà di religione credo e coscienza (LIREC)

Roma (NEV), 9 novembre 2021 – Quale equilibrio tra libertà di religione e di credo e la sicurezza dello Stato? Questa è la domanda che hanno discusso lunedì pomeriggio a Roma, presso l’Aula dei gruppi parlamentari, i relatori e le relatrici dell’incontro “Libertà di religione e sicurezza nello Stato laico”, organizzato dall’on. Stefano Ceccanti in collaborazione con il Centro studi sulla libertà di religione credo e coscienza (LIREC).

Raffaella Di Marzio – Foto LIREC

“Ci troviamo davanti a diritti complementari e interdipendenti che debbono trovare un equilibrio basato sul dialogo tra lo Stato e le comunità di fede”, ha spiegato la direttrice di LIREC, Raffaella Di Marzio, che ha presieduto i lavori. Un equilibrio difficile, se è vero che in diverse parti del mondo “la necessità di assicurare la sicurezza dei cittadini ha spinto alcuni Stati ad adottare misure che violano i principi fondamentali alla base del diritto alla libertà di religione o convinzione”, ha aggiunto Di Marzio.

Le Linee guida OSCE 2019

Il punto di partenza dell’intero convegno sono state le “Linee guida su libertà di religione o convinzione e sicurezza”, pubblicate nel 2019 dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), illustrate dal professor Gabriele Fattori dell’Università di Foggia, autore della loro prima traduzione in italiano.

In un contesto segnato fortemente dall’insicurezza, a partire dagli attentati alle Torri gemelle del 2001, gli Stati hanno reagito al pericolo del terrorismo di matrice religiosa con politiche securitarie restrittive, quasi sempre inefficaci e spesso ingiuste. “L’OSCE – spiega Fattori – propone invece un concetto di sicurezza integrata con raccomandazioni indirizzate sia agli Stati sia alle comunità religiose, invitate a interagire in un dialogo” che abbia come fine l’equilibrio tra diritti e sicurezza.

“Le linee guida OSCE rappresentano il punto più avanzato del rapporto tra libertà di religione e sicurezza; tuttavia, la loro diffusione si scontra con il fatto che il mondo non sta andando verso la democrazia ma verso forme di governo autoritarie e repressive”, ha sottolineato Luigi Lacquaniti, deputato della scorsa legislatura e promotore di un disegno di legge in materia di libertà religiosa nel 2017. “La Costituzione italiana ha in sé tutti gli elementi per affermare la libertà religiosa e per prevenire un restringimento dei diritti”, ha inoltre sottolineato Lacquaniti, ricordando le sentenze della Corte costituzionale contro la legge regionale della Lombardia in materia di luoghi di culto.

Il pastore Davide Romano, direttore della rivista “Coscienza e libertà”, ha invece sottolineato la responsabilità richiesta alle comunità religiose dalle linee guida OSCE. “Le religioni non sono ‘innocenti’ – ha detto Romano -. Se in alcuni contesti le comunità di fede si affermano come credibili interlocutrici di pace, in altri invece si prestano a difesa di interessi di parte a detrimento della pace stessa”.

Donne, pace e sicurezza

Uno speciale focus delle linee guida OSCE è dedicato al ruolo delle donne come efficaci agenti di cambiamento nei processi di pace e sicurezza. Impegnarsi contro la discriminazione e l’ingiustizia di genere è quindi fondamentale per l’affermazione dei diritti. Su questo aspetto sono intervenuti Fabrizio Petri, presidente del Comitato interministeriale per i diritti umani (CIDU) che ha illustrato il “Piano d’azione nazionale su donne, pace e sicurezza (2020-24)”; e Sabrina Martucci dell’Università di Bari, ha invece illustrato il ruolo delle donne nella prevenzione e contrasto della radicalizzazione. “É importante che l’immagine della donna, in generale, ma anche in particolare in luoghi difficili come può essere l’Afghanistan, non si limiti a quello della vittima, ma se ne riconosca il ruolo di attivista per i diritti e la pace”.

Gabriela Lio. Foto di Laura Caffagnini

La pastora Gabriela Lio, presidente della Federazione donne evangeliche in Italia (FCEI), ha invece raccontato l’esperienza delle donne evangeliche in Italia (FDEI). “Oggi – ha detto – nelle chiese che appartengono alla nostra Federazione non c’è più alcuna ragione teologica che impedisca a una donna di accedere ai ministeri e diventare pastora, o di ricoprire ruoli apicali; tuttavia, come il cittadino nella società, così anche il credente nella chiesa è pensato e rappresentato soprattutto al maschile”. La sensazione è che, nonostante molti passi in avanti, spesso “siamo di fronte a un reiterato ricominciare daccapo”.

Libertà, diversità religiosa, dialogo interreligioso

Il convegno ha visto inoltre gli interventi di Patrizio Zenobi dell’ufficio stampa dei Testimoni di Geova, che ha illustrato la difficile situazione dei Testimoni di Geova in Russia dove sono stati dichiarati gruppo eversivo e oggetto di una vera e propria persecuzione che citazioni in giudizio, arresti e violenze; Mustafa Cenap Aydin, direttore Istituto Tevere Roma, che ha sottolineato l’importanza che il documento di Abu Dhabi “Fratelli insieme” attribuisce al riconoscimento positivo della diversità sia dell’altro sia al proprio interno; Francesca Evangelisti che ha raccontato l’esperienza della Commissione Globalizzazione e ambiente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI).

Sono inoltre intervenuti: Pietro Nocita, presidente onorario di LIREC; Alessandro Dini-Ciacci, responsabile per l’Italia della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi giorni; Washi Tariq Ataul, imam della Comunità Ahmadiyya; Mauro Bombieri, vice presidente ISKCON Italia; Ambrogio Bongiovanni, direttore del Centro studi interreligiosi della Pontificia Università Gregoriana; Giuseppe Calì, presidente della  Federazione delle famiglie per la pace mondiale e l’unificazione (FFPMU); Mariangela Falà, presidente del Tavolo interreligioso di Roma.