Intervista a Daniele Garrone, Presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia

“La Federazione è un importante laboratorio per quella che è una tipica idea protestante, quella dell’unità nella diversità. È una preziosa eredità, ma anche una vocazione”. Nei prossimi giorni le chiese protestanti celebreranno la Settimana della libertà

Daniele Garrone a Lampedusa, di fronte alla Porta d'Europa (scultura di Domenico Paladino in memoria delle persone migranti morte in mare)

Roma (NEV), 10 febbraio 2022 – Alla vigilia della Settimana per la libertà, abbiamo intervistato il presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), Daniele Garrone.

La Settimana si svolge a ridosso del 17 febbraio, data dell’anniversario della concessione dei diritti civili ai valdesi, per effetto delle Lettere Patenti emanate da re Carlo Alberto, nel 1848. Poche settimane dopo, gli stessi diritti furono concessi agli ebrei.

Il suo incarico di Presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia è iniziato da poco più di tre mesi, insieme al nuovo Consiglio. Dal punto di vista organizzativo e programmatico, quali sono gli indirizzi per il triennio che vi aspetta?

Come è solito nelle nostre chiese, non si viene chiamati a rivestire determinate cariche sulla base di un programma: le linee di lavoro indicate negli statuti e “attualizzate” dai mandati assembleari. L’assemblea, due volte all’anno, dibatte e verifica l’andamento della Federazione. In questo senso, il nostro stile di lavoro è fortemente “parlamentare”.

Continueremo a portare avanti il nostro impegno in vari settori. I corridoi umanitari, che hanno avuto una estensione significativa con il sostegno dei Ministeri dell’Interno e degli Esteri; i progetti all’interno di Mediterranean Hope, tra cui l’assistenza agli sbarchi a Lampedusa e le iniziative a sostegno dei braccianti nella piana di Rosarno e contro il caporalato. In questi settori continua e anzi si estende il sostegno che riceviamo, qui in Italia da chiese membro della Federazione, come dall’Unione buddista Italiana, ma anche da chiese e organizzazioni sorelle all’estero.

Prosegue, inoltre, il lavoro di riflessione su temi di rilievo per il dibattito pubblico nel nostro Paese, in particolare sulla libertà religiosa. Intensificheremo l’attività di indagine e di mobilitazione sui temi della libertà religiosa (che deve essere uguale per tutti, senza privilegi e discriminazioni) e della laicità, a cominciare dalla scuola pubblica. Pubblicheremo a breve un volume su “populismi e religioni” scaturito da una serie di webinar che abbiamo realizzato con partner di chiese sorelle in Europa e in America. Cureremo la comunicazione non solo sulle attività della Federazione, ma sulla realtà e le posizioni delle chiese protestanti in Italia. Un altro settore fondamentale è quello della sensibilizzazione sulla salvaguardia del pianeta. Forniamo strumenti per l’insegnamento della Bibbia all’interno delle nostre comunità, ma anche in ambito culturale.

Nonostante i grossi ostacoli posti dalla pandemia – abbiamo ad esempio dovuto rinviare la grande “assise generale” che ogni tre anni offre la possibilità di incontrarsi, discutere e di interloquire con lo spazio pubblico – non abbiamo ridotto le iniziative, anche se tutto è più complicato e faticoso.

La Federazione è un insieme di chiese protestanti con diverse storie e diverse strutture. Quali sono, secondo lei, gli a spetti più creativi e sfidanti per le chiese federate e per le comunità, in questo momento storico?

La Federazione è un importante laboratorio per quella che è una tipica idea protestante, quella dell’unità nella diversità. Si può con-venire in forma assembleare, decidere insieme impegni comuni e parlare a una voce senza che questo omologhi nessuno o oscuri le differenze. Le differenze storiche e organizzative non sovrastano la fede comune e non impediscono gli impegni condivisi. Abbiamo ricevuto tutto questo come una preziosa eredità, ma anche come vocazione. Dobbiamo tanto più valorizzarla in questi tempi in cui sembra che le identità debbano essere gridate più che argomentate e in cui la diversità è temuta quando non avversata.

La teologia e la cura pastorale sono elementi che si intrecciano quotidianamente nel lavoro e nella vita delle persone credenti, sia nella sfera diaconale, sia professionale, sia esistenziale. Cosa ne pensa?

In ogni ambito della vita, e ognuno di essi è sorretto e orientato dalla vocazione, abbiamo bisogno di pensare la fede e la fede suscita interrogativi, spinge a riflettere. Non in solitudine, perché ci sono la dimensione della preghiera, l’esporre se stessi all’Altro, e quella dell’altro o dell’altra come noi, che – da fuori di noi – può farci riverberare quella Parola che non troviamo in noi stessi, che può condividere con noi i pesi. Pensiero, preghiera, consolazione reciproca. Come diceva Lutero mutuum colloquium et consolatio fratrum et sororum: dialogo e consolazione reciproci tra fratelli e sorelle.


Nei prossimi giorni, ulteriori approfondimenti sul tema della libertà e sugli incontri previsti in occasione del 17 febbraio.