Felicità e benessere nel mondo digitale

Rischi e benefici della rivoluzione digitale secondo Visintin (Commissione Globalizzazione e ambiente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia): “Per scegliere e usare consapevolmente la tecnologia digitale serve un percorso educativo che non riguarda solo la competenza tecnica, ma anche le problematiche connesse e i diritti collegati. […] La ragnatela (il web) ad un tempo sorregge e intrappola”

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Roma (NEV), 16 gennaio 2023 – La rivoluzione digitale, come tutte le rivoluzioni, porta con sé qualcosa di nuovo e una serie di “effetti collaterali”. Fra questi effetti è possibile annoverare la sostenibilità sociale e ambientale, il problema del controllo dei sistemi e dei dati, la questione della privacy, quella della parità o disparità di accesso alle tecnologie.

“La digitalizzazione non è un passaggio tecnologico neutro”, scrive Antonella Visintin, in un report per la Commissione Globalizzazione e ambiente (GLAM) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI).

Il report riguarda il seminario recentemente svoltosi a Mannheim, in Germania, “Verso una digitalizzazione sostenibile”. L’incontro, il secondo di una serie “Erasmus+” sul benessere nelle società digitalizzate e nei luoghi di lavoro, è stato promosso dalla rete “Church Action on Labour and Life” – Azione delle chiese per il lavoro e la vita (CALL).

Scrive ancora Visintin: La digitalizzazione è basata sulla estrazione e successiva capitalizzazione e concentrazione delle informazioni, anche in ambito UE. Il mercato del digitale è guidato da poche aziende, dove gli interessi economici e dei Paesi produttori si intrecciano”. Pertanto, secondo Visintin, gli obiettivi di questo tipo di mercato sono orientati verso “una produzione competitiva e accumulatoria e una società del controllo”. Un altro effetto di questo processo riguarda la “pervasività della comunicazione digitale in ogni ambito della vita”, sostiene Visintin, che cita anche gli obiettivi del Programma strategico 2030 sulla trasformazione digitale della UE. Servono trasparenza ed equilibrio.  In Europa fra l’altro, stando ai dati sulla digitalizzazione dell’economia e della società (DESI), il percorso di digitalizzazione è in avanzamento, ma le relazioni “non digitali” sono ancora maggioritarie.

Rischi e benefici della digitalizzazione

“Per quale ragione questo investimento UE nel digitale? – si chiede Visintin –. Per la competitività economica, perché aumentano produttività e possibilità di controllo remoto, quindi si riducono gli errori e gli sprechi. Per la interconnettività, in quanto il digitale potenzia le relazioni e sviluppa canali di incontro da remoto che non esistevano prima e consente di ottimizzare la lunghezza delle filiere produttive”. Tuttavia questo incide sul costo del lavoro, sulla sicurezza e “aumenta la sorveglianza civile e militare in capo a grandi aziende e nazioni più potenti, attraverso la concentrazione delle informazioni”. Inoltre, in merito alle potenzialità della intelligenza artificiale, c’è da dire che “l’apprendimento automatico suppone che più informazioni facciano prendere decisioni migliori, sebbene questo dipenda dalla loro organizzazione e quindi dalla definizione degli algoritmi, disegnati pur sempre da persone. Ciò, a sua volta, presuppone la calcolabilità dei processi, con una visione meccanicistica dell’economia. Stiamo parlando di strumenti di governabilità sociale e di potenziamento industriale, civile e militare”.

La digitalizzazione, in questo senso, rappresenta “l’elaborazione digitale di informazioni con un’incredibile capacità di calcolo e di memoria, che consuma una importante quantità di risorse ed energia elettrica. Le informazioni elaborate possono essere gli impulsi vitali di un organismo, un processo produttivo, le parole di una conversazione o una ricerca su un motore”. L’algoritmo è in grado di influenzare le decisioni in base a come esso è costruito.

Felicità e Reset digitale

Cosa c’entra tutto questo con la felicità? Il seminario di Mannheim ha cercato di far emergere in che modo sia possibile far convergere gli obiettivi di benessere e quelli digitali. È possibile farlo, ma “a condizione di ripensare l’impianto attuale e valorizzare le esperienze che già si muovono verso la sostenibilità”. Le tecnologie digitali dovrebbero promuovere la vita, la dignità e la giustizia. A volte invece le indeboliscono. “La digitalizzazione, se orientata alla persona, può liberare tempo in quanto aumenta la produttività del lavoro. Può contribuire a un lavoro ‘buono’, come concepito da CALL. Potrebbe aiutare a implementare il concetto di interdipendenza e consentire così di costruire comunità”. Si tratta di ristabilire “indirizzi e pratiche per il cambiamento, in un’ottica di co-determinazione dell’economia sociale di mercato” scrive ancora Visintin, che cita il rapporto “Reset digitale – Riorientare le tecnologie per una profonda trasformazione della sostenibilità” (Berlino, settembre 2022). Il rapporto è il risultato del progetto “Digitalization for Sustainability – Science in Dialogue” (D4S), un dialogo scientifico durato due anni tra 15 esperti europei.

Il “Reset digitale” si basa su principi per i quali le tecnologie siano costruite secondo progetti rigenerativi. Scopo: “perseguire innovazioni di sistema che promuovano la circolarità e la sufficienza, migliorino la resilienza economica e favoriscano la sovranità digitale e l’equità sociale”. Il rapporto illustra in dettaglio come tali principi possano trasformare profondamente l’agricoltura, la mobilità, l’industria, l’energia, il settore edilizio, il consumo generale di beni e servizi.

Affinché la digitalizzazione funzioni a favore della sostenibilità, secondo il rapporto, devono essere soddisfatti tre requisiti.

Il primo è ridurre l’impatto sociale e ambientale della produzione e del funzionamento dei dispositivi digitali, delle infrastrutture e dei centri dati. Quella che il rapporto definisce “una strategia combinata per la sufficienza digitale, la riparabilità, la circolarità e l’efficienza”.

Il secondo requisito riguarda i modelli di business “orientati alla crescita”, che dovrebbero invece essere “controllati e sostituiti da modelli di business orientati al bene comune”.

In terzo luogo, infine, “La governance dei dati e dell’intelligenza artificiale deve perseguire attivamente un’economia circolare basata sull’informazione”. Al servizio della sostenibilità.

Conclude Visintin: “Per scegliere e usare consapevolmente la tecnologia digitale serve un percorso educativo che non riguarda solo la competenza tecnica, ma anche le problematiche connesse allo strumento e i diritti collegati. Per esempio, l’impianto economico e sociale in cui si colloca, la natura soggettiva dell’algoritmo, la gestione delle informazioni inserite, responsabilità e correttezza lungo la filiera. Da chi raccoglie i dati fino all’utilizzatore finale. Come contropartita per un accesso gratuito, il diritto alla privacy e al controllo delle proprie informazioni, inclusa la possibilità di cancellazione dei propri dati. Come è stato fatto osservare, la ragnatela (il web) ad un tempo sorregge e intrappola. Devono perciò coesistere il diritto di accesso e il diritto alla disconnessione e il dual system analogico e digitale”.