Federazione pentecostale. Giannini: l’unità necessaria

Alfredo Giannini è il neo eletto presidente della Federazione delle chiese pentecostali. L’Agenzia NEV gli ha rivolto alcune domande per fare una fotografia del movimento pentecostale e per conoscere le linee di lavoro del prossimo futuro

Il presidente della Federazione delle chiese pentecostali (FCP), pastore Alfredo Giannini

Roma (NEV), 2 maggio 2023 – La Federazione delle chiese pentecostali (FCP) nasce nel 2000 e raccoglie chiese cristiane di tutta Italia. Ce ne parla il neo-eletto presidente, pastore Alfredo Giannini.

Come è composta la Federazione delle chiese pentecostali e come si caratterizza?

Una stima del 2016 attesta che le organizzazioni/denominazioni aderenti alla federazione sono 25 per un totale di circa 400 in tutto il territorio nazionale, escluso il Trentino, con oltre 50mila credenti. Anche se la stessa stima parla di circa 700mila pentecostali in Italia.

Il mondo pentecostale, infatti, è molto variegato e autonomo: non tutte le chiese e comunità si aggregano fra di loro. Ad esempio, ci sono le chiese libere, che non si riconoscono in strutture organizzative. Nella mia denominazione, la Chiesa apostolica (una delle chiese fondanti insieme a Nuova pentecoste, Chiese cristiane evangeliche pentecostali, Chiesa evangelica internazionale, Chiese della valle del Sele e le Chiese Elim, poi fuoriuscite dalla FCP), ci sono 132 locali di culto in tutte le regioni e tra i 10mila e gli 11mila membri.

Quali sono i suoi prossimi impegni istituzionali in seno alla FCP, sia dal punto di vista organizzativo, sia dal punto di vista della cura pastorale e spirituale?

La presidenza della Federazione è un organo esecutivo, mentre l’organo politico è il Consiglio nazionale, composto da tutti i rappresentanti legali delle opere federate. Il compito che la FCP vuole portare avanti, in ambito strutturale, pastorale ed ecclesiologico, è quello di cercare di dare una voce unica al mondo pentecostale, nel nome dell’unità nella diversità. Questo obiettivo è demandato a una commissione esecutiva che riceve indicazioni dal Consiglio nazionale e opera attraverso un esercizio capillare sul territorio.

Teologia pentecostale. Qual è il contributo della Facoltà pentecostale di Scienze religiose? 

La facoltà, fortemente voluta dalla Federazione fin dalla sua fondazione, si è costituita come Fondazione Charisma. Grazie a questo riconoscimento giuridico può muoversi in modo autonomo con il mondo accademico, politico e attraverso le chiese. La Fondazione ha dato origine a importanti momenti di interlocuzione, incontri con facoltà “laiche” e religiose, fra cui con la Facoltà valdese di teologia, l’Istituto avventista e tante altre strutture ecclesiastiche di formazione.

La Facoltà pentecostale forma i ministri, con un percorso di studio indirizzato soprattutto alla pastorale. Inoltre, propone corsi di qualificazione per il corpo diaconale e corsi aperti a tutti, anche fuori dal mondo pentecostale, invitando i giovani ad implementare il loro percorso di studi investendo un tempo per una preparazione accademica.

Il contributo della Fondazione si evidenzia anche attraverso un dialogo ecumenico, sempre più pressante ed anche necessario. La Facoltà, inoltre, continua anche oggi ad essere impegnata con determinazione sul tema della libertà religiosa, portando la voce pentecostale, nella sua accezione più ampia, ad arricchire il dibattito culturale del nostro paese.

La Commissione delle chiese evangeliche per i rapporti con lo Stato (CCERS), al cui tavolo siede da tempo anche la FCP, si trova in un momento di passaggio fra nuovi ruoli, nuovi scenari politici e un sempre più frequente “nomadismo” spirituale. Come pensa che questa Commissione debba/possa rilanciare i suoi scopi in questa fase storica?

Parto dalla mia storia personale. Prima della presidenza FCP, per 18 anni, sono stato al tavolo CCERS come delegato della Chiesa apostolica in Italia. Nella mia esperienza, ho ritenuto questo tavolo il più importante esistente in Italia. Esso raccoglie veramente tutte le rappresentanze confessionali del nostro paese cosa che, nel mondo pentecostale e non solo, è davvero difficile. Anche se si tratta, per così dire, di una commissione prettamente “tecnica”, allarga il cuore poter stare seduti allo stesso tavolo. Sono convinto che sia un motore efficiente per affrontare e superare i problemi, con le compattezze di tutto il mondo evangelico nel suo insieme.

Dopo alcuni anni, ora sto rientrando nella CCERS in veste nuova, appunto, come presidente della FCP. La Federazione delle chiese pentecostali ritiene che la CCERS abbia un ruolo centrale per i rapporti con le autorità amministrative, politiche e di governo. Uno dei temi portanti è quello che riguarda un disegno di legge sulla libertà religiosa, ancora assente in Italia, ma non dimentichiamo i tanti altri interventi in concorso e soccorso delle chiese aderenti e non solo. Pensiamo alle Intese, come quella raggiunta nel 2012 dalla Chiesa apostolica ed altre organizzazioni proprio grazie al contributo normativo fornito, nel tempo, dalla CCERS iniziato con l’allora presidente, il pastore Domenico Maselli.

Il pastore Carmine Napolitano (a sinistra) e il neo eletto presidente della Federazione delle chiese pentecostali (FCP) pastore Alfredo Giannini. Foto FCP

Riprendere certi dialoghi è importante. È vero, le governance stanno cambiando, il nomadismo religioso è frequente, ma in seno alla CCERS non si vanno a disquisire questioni teologiche. Qui si parla della vita politica e sociale, con riferimento a confessioni religiose diverse dal cattolicesimo e minoritarie nel nostro paese. La FCP vuole essere parte attiva in questo scenario, portando il suo pieno contributo, in continuità con i miei predecessori, il pastore Carmine Napolitano e, prima di lui, Remo Cristallo, con la stessa serenità, convincimento e determinazione di sempre.

Pensieri e pratiche: in cosa convergono le chiese protestanti cosiddette “storiche” con le chiese protestanti più giovani? Quali cammini in comune per la FCP e la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI)?

Il movimento pentecostale nasce dai cosiddetti revival movements storicamente collocati a fine Ottocento con la corrente statunitense Azusas Street e quella gallese, che risale al 1904, successivamente seguiti dai movimenti di risveglio dell’America Latina, dall’Africa e dall’Est Europa. Da quei movimenti di risveglio, e dal ritorno in Italia di persone che testimoniano la loro fede rinnovata, nascono anche nel nostro paese diverse realtà pentecostali. La collaborazione fra FCP e le chiese storico-riformate è sempre stata auspicata e auspicabile, ma non sempre facile, proprio per le posizioni completamente diverse su alcuni temi. Tuttavia, ormai, il rapporto collaborativo è consolidato.

Il rapporto con la FCEI è ventennale, fin dalla nascita della FCP, che da subito si è candidata a essere inserita nella CCERS e, in questa collaborazione, ha sempre contribuito attivamente. Facendo un salto nel tempo, nel 2006 il rapporto si è cementato e irrobustito ulteriormente, perché entrambe le Federazioni si sono accolte l’una con l’altra come membri osservatori delle proprie Assemblee generali. I due mondi si sono incontrati, con l’idea di intraprendere un percorso di collaborazione insieme. Ora abbiamo anche un nostro rappresentante in seno alla Commissione studi, dialogo e integrazione (COSDI) della FCEI.

Quali sono le principali differenze fra le chiese cristiane pentecostali e le altre chiese cristiane?

Intanto, partirei dalle affinità. Dal mio punto di vista, è fondamentale che chi si professa evangelico abbia per radice comune Cristo Gesù come strumento di salvezza. Questo è il centro di tutto. Poi, ci sono le teologie. Il movimento pentecostale, da sempre, crede nella manifestazione e nella potenza dello Spirito Santo. Chi è pentecostale vive tutte le dinamiche concernenti le manifestazioni dello Spirito, i dati più forti: i frutti, i doni e la presenza dello Spirito sono fondamentali nella vita del pentecostale, che pone in essere una fede carismatica autentica e reale.

I sacramenti vissuti sono due: il battesimo degli adulti per immersione e la Cena del Signore. Quando nasce un bambino o una bambina c’è la presentazione al tempio.

Foto per gentile concessione della Federazione delle chiese pentecostali (FCP)

Le chiese protestanti sono spesso caratterizzate da grande vivacità e ricchezza. Qual è lo “stato dell’arte” riguardo all’unità delle chiese pentecostali?

Quella dell’unità pentecostale è una linea di desiderio operativa fin dal 2000. L’argomento è spigoloso, come per tutto il cristianesimo. Oggi la chiesa pentecostale vive un forte desiderio di unità e la FCP si sta proponendo come canale per veicolarla. Dovremmo parlare di una unità diversa, dovremmo imparare tutti ad accettare le diversità.

Nella mia relazione programmatica ho citato Agostino d’Ippona: la differenza non dovrebbe spaventarci, ma arricchirci. È un percorso difficile, ma è l’unico percorribile. Nel mondo pentecostale esistono movimenti conservatori e progressisti, c’è il neo pentecostalesimo e una nutrita schiera di comunità etniche; in tutto questo, spesso, la teologia e la dottrina vengono influenzate dalle culture. Altra differenziazione riguarda l’aspetto giuridico. Nel mondo pentecostale ci sono chiese riconosciute come denominazioni di chiese, che hanno le Intese, e altre no. Per sua natura è un movimento variegato, che vive la propria spiritualità in maniera autonoma e indipendente.

Fin dalla sua nascita, la Federazione delle chiese pentecostali ha sempre cercato di procedere attraverso i circuiti nazionali, da quelli più battuti a quelli meno, per mettere insieme la voce pentecostale. Non è facile, ma il traguardo non è poi così lontano rispetto a qualche anno fa. Sono processi lunghi e complessi, tuttavia l’importante è muoverci in questa direzione. L’unità è una sfida che continueremo a portare avanti fino a obiettivi degni di considerazione. In questo momento, aldilà di “vantaggi giuridici” ancora non riconosciuti, possiamo offrirci come “contenitore”, nella speranza e nell’ottica di essere una voce univoca.

La ricerca dell’unità non è solo focus o ambizione della FCP, ma è una necessità per tutti i pentecostali italiani e, in una certa misura, anche per il mondo evangelico italiano. E la ricerca dell’unità pentecostale ed evangelica è necessaria a livello globale, per tutto il cristianesimo, sia in considerazione della crescita pentecostale e della sua trasversalità a livello mondiale sia in relazione alle altre religioni. Forse è un sogno, forse è un destino.