Il mio sguardo sul Molo Favaloro

La rubrica “Lo sguardo dalle frontiere” è a cura degli operatori e delle operatrici, dalle volontarie e dai volontari, di Mediterranean Hope (MH), il progetto sulle migrazioni della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). Questa settimana “Lo sguardo” proviene da Lampedusa ed è stato scritto dalla volontaria Martina Bianchi.

Roma (NEV), 7 settembre 2023 – Lampedusa, agosto 2023, pensieri sparsi. Nomi modificati, storie vere.

Ismail è tunisino e ha due bambini. Mentre offro dell’acqua a lui e alla sua famiglia mi racconta che il maggiore ha un tumore e che ha deciso di imbarcarsi per l’Italia per poterlo curare. Mi chiede la strada per l’ospedale.

Samira è al quinto mese di gravidanza e arriva dal Burkina Faso. Racconta ai medici del molo di non essere mai stata da un ginecologo, e di non sentire più movimenti del nascituro da quattro giorni. Sa, però, che saranno due gemelli, due maschietti, Hamidou e Ousmane.

Undici uomini del Bangladesh camminano in fila indiana, scalzi e al buio su una strada secondaria di Lampedusa, scortati da una volante della polizia che fa loro luce. Devono raggiungere, secondo gli ordini, un altro gruppo di persone arrivate “autonomamente” sull’isola a circa 1 km di distanza da loro; un rappresentante delle forze dell’ordine ci spiega che devono ottimizzare il trasporto verso l’hotspot con uno dei soli due pulmini della Croce Rossa disponibili.

La sera del 3 agosto al molo sono arrivate tante, tantissime persone. Capita purtroppo che in casi come questi non abbiamo merendine a sufficienza da offrire a tutti. Allora, nostro malgrado, le riserviamo a bambine e bambini, e donne incinte.

Mariam, 19 anni dalla Costa d’Avorio, arriva al molo Favaloro con le contrazioni. La accompagniamo in infermeria e lì mi racconta che ha perso un bimbo di un anno e mezzo il 1 agosto. Ha deciso di imbarcarsi per l’Italia perché il prossimo non subisca lo stesso destino.

Poco distante, su un’enorme barca turistica, sento gente allegra e spensierata che balla e si tuffa sulle note di ”l’ombelico del mondo” di Jovanotti.

Un ragazzo del Cameroun, a cui porgo una coperta termica mentre sta tremando, mi urla contro in francese: “Laggiù è l’inferno, voi non potete capire”.

Seydou ha passato quasi 24 ore in mare, aggrappato a un barchino di ferro che si è ribaltato. È fradicio, assetato, stanco e affamato. Nasconde il capo sotto la coperta termica mentre distribuiamo acqua e merendine. È buio al molo, e lui fa parte di un gruppo di persone subsahariane che la guardia di finanza ha tratto in salvo in seguito a un naufragio in cui sono morti un bimbo di circa un anno e una donna sulla ventina. Seydou è il marito della donna annegata, l’ha vista coi suoi occhi andare giù e non riemergere più. Seydou sta piangendo al molo, e singhiozzando mi racconta di Sita: era lei che voleva lasciare la Costa d’Avorio a tutti i costi; lui non lo avrebbe fatto, aveva paura. Gli ho promesso che Sita sarebbe sempre rimasta nel mio cuore, oltre che nel suo.

Ho passato solo quattro settimane a Lampedusa come volontaria di Mediterranean Hope, il programma migranti e rifugiati della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, quasi tutto il mese di agosto 2023, e ho visto transitare dal molo circa 6000 persone in arrivo dalle coste tunisine e libiche. Insieme alle altre volontarie e operatrici, mi sono adoperata per fornire acqua, un po’ di cibo, coperte termiche, pannolini e vestitini puliti, bolle di sapone, ma soprattutto sorrisi e parole. Tra le parole e le esperienze che ho raccolto, quelle qui sopra sono solo un estratto di ciò che ho ascoltato e visto, ma tutte mi hanno sempre portato a due quesiti senza risposta: cos’hanno mai visto e esperito laggiù per affrontare un viaggio così tormentato e senza certezza di lieto fine? Cosa si aspettano da questo paese, l’Italia, o da questo continente distratto, la famigerata Europa? Ma soprattutto continuo a chiedermi: come si è evoluta la loro storia dopo quel breve ed effimero passaggio dal molo, in cui le nostre vite così diverse si sono incrociate?

Al molo qualcuno accoglie, qualcun altro mette in riga e conta. MH accoglie, e cerca di sorridere sempre e comunque, anche davanti a Ismail, Samira, Mariam e Seydou.