Roma (NEV), 24 gennaio 2024 – “Le manovre in corso sembrano voler svincolare il commercio delle armi, avviandolo verso una snella liberalizzazione. Tutto ciò ferisce in un momento storico come questo in cui focolai di guerra sembrano accendersi con cadenza quotidiana”. Ad affermarlo è la Commissione globalizzazione e ambiente (GLAM) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI).
Stiamo parlando delle recenti proposte di modifica alla Legge 185/90 sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento. Tali modifiche, proposte dalla maggioranza di governo, non sono passate in discussione alla Camera. “Una procedura che evita potenziali ostacoli e snellisce i tempi – scrive la GLAM -. Come immaginabile l’iter in Senato ha visto lo scorso 16 gennaio la Commissione Esteri e Difesa votare emendamenti che indeboliscono controllo e criteri di autorizzazione. Rigettate, inoltre, le proposte di miglioramento che venivano della società civile e da organismi di fede, ignorando le norme internazionali. I tre emendamenti approvati rendono opaco il meccanismo di autorizzazione della vendita delle armi, affidando la decisione sulle relazioni commerciali all’ambito politico. Questo, senza un adeguato passaggio tecnico che garantisca il rispetto della legge e delle norme internazionali” denuncia la GLAM.
Sul tema la GLAM era già intervenuta lo scorso ottobre in una conferenza stampa, proprio presso la Camera dei deputati. Nel contesto della chiusura del periodo liturgico noto come il “Tempo del Creato” venne infatti chiesto ai parlamentari di difendere e rilanciare i contenuti della legge 185/90. L’intento era quello di riconoscere in questa legge “la diretta applicazione dei valori costituzionali riguardanti la centralità della persona ed il ripudio della guerra. Nel linguaggio delle chiese, un appello alla difesa della vita del Creato e delle creature che lo abitano, minacciate costantemente dalla diffusione e dall’uso delle armi, specie quelle per uso bellico” afferma la GLAM.
Sullo sfondo, il “caos bellico” e “il terrore di un terzo conflitto mondiale”. La politica che allenta i controlli sul commercio di armi, secondo la GLAM “non è certo la panacea, ma il fallimento di un governo inchiodato al profitto, che dimentica di essere il primo garante della legge e tutore della difesa della giustizia”. Serve, per la GLAM, “una lungimirante visione di pace di fronte al grido dei popoli oppressi. Come cittadini e credenti continuiamo ad avere quella visione, nonostante il buio imposto dalle armi e dal potere distruttivo. Noi continuiamo a sperare, a pregare e a vigilare, perché siamo il Suo Creato e non tolleriamo la sofferenza delle sue creature”. Come osserva Giorgio Beretta dell’Osservatorio OPAL, così procedendo nell’approvazione dell’iter del DDL 855 (quello per la modifica della Legge 185 sopra citata, ndr), viene meno anche la possibilità di individuare quali Istituti di Credito traggono profitto dalla vendita delle armi, conclude la GLAM, “impedendo quindi (aggiungiamo noi) alla clientela correntista di fare lobby sulle banche armate, affinché investano altrove”.
Breve cronistoria
Il motivo che ha attenzionato la legge 185/90 da parte dei promotori della conferenza stampa dello scorso 4 ottobre è contenuto in un comunicato risalente al 31 maggio 2023 a supporto del Made in Italy, nel quale il Consiglio dei ministri rimuoveva il divieto all’export di bombe e missili verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi uniti, motivandolo “attenuazione significativa del rischio di uso improprio di bombe d’aereo e missili, in particolare contro obiettivi civili”. Una beffa nei confronti di quella società civile e credente (tante le realtà tra cui ancora la GLAM) che aveva chiesto e con tante difficoltà ottenuto, nel 2020, la sospensione del commercio di armi verso l’Arabia Saudita a seguito del presunto massacro nel 2016 di un’intera famiglia yemenita colpita da un bomba fatalmente Made in Italy. Per questa tragedia è stata depositata nell’aprile del 2018 una denuncia penale per violazione della legge 185/90 contro i dirigenti della RWM Italia (la cui sede direzionale è a Ghedi -BS- mentre la fabbrica è situata sul territorio di Domusnovas, nel Sulcis Iglesiente) e gli alti funzionari dell’Autorità nazionale italiana per l’esportazione di armamenti (UAMA). Estensori della denuncia: European Center for Constitutional and Human Rights (ECCHR) di Berlino, la ONG yemenita Mwatana for Human Rights (la delegata in quell’occasione è stata anche ospite alla conferenza organizzata dal Comitato RWM ad Iglesias) e la Rete Italiana Pace e Disarmo. La conferenza stampa di ottobre, inoltre, aveva portato l’attenzione sulla centralità della persona e sul ripudio della guerra come catastrofe umana e ambientale.