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Home Ecumenismo e dialogo Maria Bonafede: Il dialogo ecumenico riparte con le donne
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Maria Bonafede: Il dialogo ecumenico riparte con le donne

Di
Luca Baratto
-
4 Marzo 2015
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    Roma (NEV), 4 marzo 2015 – Il prossimo 9 marzo, presso il Senato della Repubblica, cattolici, protestanti e ortodossi sottoscriveranno il documento “Contro la violenza sulle donne: un appello alle chiese cristiane in Italia”, elaborato da una commissione congiunta della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) e dell’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della CEI. Della commissione ha fatto parte la pastora Maria Bonafede, responsabile dei rapporti ecumenici per il Consiglio della FCEI, alla quale abbiamo rivolto alcune domande.

    Come nasce l’idea di un appello ecumenico contro la violenza sulle donne?

    Nasce prima di tutto per la crescente attenzione delle chiese a questo problema, sempre più evidente nella sua drammaticità. In ambito evangelico, tanto la Federazione donne evangeliche in Italia (FDEI) quanto il Sinodo delle chiese metodiste e valdesi e l’assemblea dell’Unione cristiana evangelica battista (UCEBI) hanno in modi diversi affrontato la questione della violenza sulle donne, favorendo anche l’inizio di una riflessione maschile, da parte degli uomini, su questo tema. In questo contesto, l’idea di un appello è nata all’interno della Commissione studi della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), già dall’inizio pensata in chiave ecumenica. Il progetto si è poi concretizzato lo scorso agosto in un incontro, avvenuto nell’ambito del Sinodo delle chiese metodiste e valdesi, con mons. Mansueto Bianchi e don Cristiano Bettega, rispettivamente presidente e direttore dell’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della CEI, che hanno aderito con entusiasmo all’iniziativa. Sia da parte loro, sia da parte nostra c’è stato un grande apprezzamento per la possibilità di poter convergere e proporre un appello a una sola voce su un tema così drammatico.

    A chi si rivolge e cosa chiede l’appello?

    Lo scopo dell’appello è una chiamata a contrastare la violenza sulle donne, in tutte le sue forme, a partire dalla cultura che la genera e la permette. Una chiamata rivolta alla società, certamente, ma soprattutto alle chiese e ai cristiani che ad esse appartengono. L’appello chiama le chiese ad un’attenzione particolare su questo tema in ciò che è loro specifico: nella predicazione, nella spiegazione del vangelo, nella catechesi e, in generale, in tutte le attività di formazione che le competono – anche, per esempio, negli incontri per le coppie di sposi. L’appello non è quindi soltanto una condanna dei cristiani italiani contro la violenza sulle donne. E’ soprattutto un impegno a promuovere negli ambiti formativi che ci sono propri una cultura che combatta la violenza, rispettosa delle differenze di genere, orientata all’accoglienza. Un impegno, dunque, a proseguire la riflessione su un tema che riteniamo primario per quel che riguarda la testimonianza cristiana.

    Secondo lei, la formulazione di questo appello ha fatto emergere un metodo ecumenico di collaborazione che potrebbe essere riproposto e dare frutti anche in altri ambiti?

    Io credo di sì. Questa collaborazione è stata molto positiva ed ha costituito un nuovo inizio. Era infatti dall’anno 2000, dalla stesura definitiva del testo sui matrimoni misti e interconfessionali, che non si segnalavano collaborazioni significative con la CEI. Un nuovo inizio caratterizzato da una bella collaborazione: si è costituita una piccola commissione FCEI/CEI, c’è stato un primo testo dell’appello, poi una sua seconda stesura. Mi sembra inoltre importante che all’appello abbiano risposto in modo positivo anche le chiese ortodosse in Italia, che lo hanno fatto proprio e saranno presenti il 9 marzo in Senato per sottoscriverlo. E’ davvero significativo riscontrare una sostanziale convergenza da parte di chiese che hanno tradizioni diverse, che non si conoscono tanto tra di loro e che hanno probabilmente approcci ai temi familiari molto differenti, su un tema tanto importante e anche problematico per le chiese stesse, perché le violenze non avvengono soltanto nelle famiglie non cristiane, ma coinvolgono anche persone e famiglie che appartengono alle diverse chiese cristiane. Sì, si può dire che ci sia stato un metodo di lavoro comune che spero si possa estendere in futuro ad altri temi.

    In altri paesi l’elaborazione di una testimonianza cristiana su temi condivisi è un lavoro che viene svolto dai Consigli nazionali delle chiese cristiane. Pensa che l’iniziativa dell’appello contro la violenza sulle donne possa essere un primo passo in questa direzione anche in Italia?

    Personalmente penso che sarebbe molto bello se anche in Italia potesse nascere un Consiglio nazionale che radunasse attorno a un tavolo le chiese cristiane. Significherebbe venire incontro a qualcosa che nel nostro paese manca. E’ mio auspicio che questo, prima o poi, possa verificarsi, ma devo dire che nel lavoro sull’appello di questo non abbiamo parlato. Di certo, questo lavoro comune è stato un passo importante e positivo per rilanciare la collaborazione tra le chiese: ci siamo trovati bene, abbiamo discusso con sincerità e simpatia, abbiamo trovato dei punti di convergenza. Per questo, è stato un passo importante.

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      Luca Baratto
      https://www.nev.it
      Redattore Agenzia stampa Nev - Notizie evangeliche e curatore della rubrica “Culto Evangelico” in onda su Radio 1 Rai

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