Da Beirut a Gioiosa Ionica. Un’accoglienza che guarda al futuro

Dei 50 profughi siriani atterrati ieri mattina a Fiumicino con i corridoi umanitari, 18 si sono svegliati in Calabria, tra Gioiosa Ionica e Riace. Abbiamo intervistato Maurizio Zavaglia, presidente del Consiglio comunale di Gioiosa, che ci ha parlato della scommessa dell'"accoglienza diffusa" in terre spopolate dall'emigrazione

Gioiosa Ionica (RC)

Roma (NEV), 28 febbraio 2017 – Questa mattina si sono svegliati in Calabria, tra Riace e Gioiosa Ionica, 18 dei 50 profughi siriani che ieri mattina sono atterrati a Fiumicino con la valigia e in tutta sicurezza, grazie ai corridoi umanitari realizzati dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia, dalla Tavola valdese e dalla Comunità di Sant’Egidio. Ne abbiamo parlato con il presidente del Consiglio comunale di Gioiosa, Maurizio Zavaglia, che ieri mattina era in aeroporto ad accogliere i suoi nuovi concittadini.

Vi abbiamo lasciato in aeroporto circondati da giornalisti e curiosità. Com’è andato il viaggio verso “casa”?

Fiumicino, 27 febbraio 2017. Prima di ripartire per la Calabria Maurizio Zavaglia risponde ai giornalisti

“Abbiamo utilizzato il viaggio per fare conoscenza. Grazie alle schede informative inviatemi dagli operatori di Mediterranean Hope (il progetto sulle migrazioni della FCEI, ndr.) conoscevo i tratti generali delle loro storie; la fuga dalla Siria e i quattro anni trascorsi in Libano, in condizioni di estrema povertà. Con l’aiuto dell’interprete ho cercato di capire cosa facevano prima, le loro professioni, le loro aspettative. Tutte e tre le famiglie hanno come come primo desiderio quello di fare studiare i loro figli; sono coppie che hanno passato i momenti più bui aggrappandosi al futuro dei propri piccoli. Vengono dalle campagne siriane, e dopo lo scoppio della guerra civile si sono trasferiti in Libano, sempre in zone rurali. Mi ha colpito la loro apertura mentale e il rapporto uomo donna. A dispetto di tutti gli stereotipi che si ascoltano sulla cultura arabo-musulmana, le donne parlavano con me molto apertamente. Una delle tre è fumatrice come me, abbiamo passato insieme diverse soste sigaretta in Autogrill. Un viaggio normale, come si fa tra amici che si conoscono da tempo.

Due famiglie sono scese a Riace, l’altro nucleo è venuto con me a Gioiosa: una mamma, un papà e tre figli, una bambina di 11 e due bambini di 9 e 3 anni, l’ultimo dei quali è nato in Libano. Ieri era la prima sera e abbiamo mangiato insieme. Durante il viaggio avevo chiesto ai piccoli cosa volessero, mi hanno risposto “pizza” e “spaghetti pomodoro”. A quanto pare la globalizzazione, o forse la fama della cucina italiana è arrivata anche in Siria. Dopodiché erano stanchissimi, e li ho lasciati dormire”.

Dove dormono, come vivranno?

L’accoglienza è a tempo determinato, ed è organizzata in coordinamento con la Federazione delle chiese evangeliche in italia, di cui come Comune abbiamo sposato il progetto. La cooperativa Nelson Mandela di cui sono il presidente ha predisposto un appartamento, i bambini frequenteranno la scuola del paese, al pomeriggio avranno un corso di lingua aggiuntivo. Lo stesso varrà per gli adulti, che terminata la trafila burocratica per i documenti saranno avviati al lavoro. L’obiettivo, nostro e loro, è ricostruire un quadro di normalità. Ho trovato molta dignità in loro, molta fierezza. Tutta la loro vita è nei bagagli pesantissimi che ieri hanno caricato sotto al pullman. Sono poveri, stanchi, ma non distrutti. Sono persone con un’enorme voglia di ricominciare, di rimettersi in discussione.

L’accoglienza dura più di un giorno, e la Calabria ha le sue difficoltà. Visto da fuori, il vostro è un tentativo coraggioso.

Siamo nella Locride, una terra di grande fascino e bellezza, di grande vocazione agricola, ma una terra ad alta intensità mafiosa che vive un’emigrazione senza fine. A Riace su 1600 abitanti 400 sono stranieri. Ma se le scuole sono ancora aperte è grazie ai figli dell’immigrazione. Anche Gioiosa Ionica arriva a 7200 residenti grazie alla presenza delle comunità immigrate, in prevalenza rumena e indiana. Infine siamo un “Comune SPRAR”, dunque ospitiamo 75 richiedenti asilo provenienti dal continente africano. Metteremo queste nostre esperienze e tutto il nostro tessuto solidaristico a disposizione dei nuovi arrivati.

Aeroporto di Roma-Fiumicino. Profughi siriani appena scesi dall’aereo, 27 febbraio 2017

Delle famiglie appena arrivate bisogna tenere presente che i tre capi famiglia hanno un mestiere – sono un cuoco, un pasticcere e un agricoltore – e che tutti e tre sono cresciuti in ambienti rurali. Ci siamo già confrontati sulla cultura delle olive, che è una nostra tipicità, ma che anche loro conoscono molto bene. Noi abbiamo la vocazione e le potenzialità, ma tutto giace abbandonato, lo dimostra il dissesto idrogeologico della regione. Nel lungo periodo, l’obiettivo della cooperativa Mandela è quello di costruire percorsi lavorativi e produttivi in agricoltura, puntando sul biologico e sulla qualità.

Cosa ne pensa la popolazione locale? E’ in sintonia con i programmi dell’amministrazione?

Siamo una terra povera, il reddito pro-capite è basso, soffriamo alta disoccupazione. Spetta a noi. La sfida è far comprendere ai nostri concittadini che non si tratta di una guerra tra poveri. E che se hai una coscienza non ti puoi girare dall’altra parte quando il mondo bussa alla tua porta. Siamo convinti che in un luogo ancora condizionato dalla mafia, queste storie di resistenza umana, questa voglia di riscatto, questi percorsi positivi un giorno meriteranno di essere conosciuti e visitati… andiamoli a conoscere, questi calabresi che insieme ai protestanti italiani hanno ricominciato dalla Siria.

Maurizio Zavaglia (a sinistra) con il presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, Luca M. Negro, e suo figlio Antonio

L’idea di un turismo etico è una nostra idea. Tutte le belle persone che ho conosciuto ieri in aeroporto, realtà che in parte conoscevo ma che ieri ho incontrato fisicamente, sono un patrimonio per le nostre comunità. Non lo facciamo per questo, ma l’accoglienza, se fatta bene, muove il cervello che muove l’economia.