Cile. I luterani scrivono a Piñera: ripristinare lo stato di diritto

Anche Martin Junge, segretario generale della Federazione luterana mondiale (FLM) originario del Cile, è intervenuto sulla questione:  "ci sono cause sottostanti che contribuiscono a questa esplosione della rabbia sociale: disuguaglianze e ingiustizie”

Roma (NEV), 23 ottobre 2019 – Continua la situazione di emergenza in Cile. Tredici persone sono morte e numerosi atti di violenza e tortura da parte delle forze dell’ordine sono stati denunciati a seguito della repressione armata che il governo di Sebastián Piñera ha messo in campo per rispondere alle proteste della cittadinanza esplose per l’aumento del prezzo del biglietto della metropolitana di Santiago e allargatesi poi all’intero paese.

Martin Junge, segretario generale della Federazione luterana mondiale (FLM), originario del Cile, è intervenuto sulla questione affermando che “ci sono cause sottostanti che contribuiscono a questa esplosione della rabbia sociale: disuguaglianze e ingiustizie vissute dal popolo del Cile. Possa questo essere il momento di affrontare le cause alla radice. La violenza non è il modo di risolvere il problema”.

Nella giornata di ieri, inoltre, la Chiesa luterana cilena ha consegnato nel Palacio de La Moneda, presidenza del Cile, una lettera indirizzata al presidente Sebastián Piñera, firmata dai rappresentanti delle comunità religiose e delle organizzazioni di fede raggruppate nella “Rete per la vita e la dignità”.

Nella missiva, ispirata al Salmo 85 (8,10-11) “Io ascolterò quel che dirà Dio, il Signore: egli parlerà di pace al suo popolo e ai suoi fedeli, purché non ritornino ad agire da stolti! La bontà e la verità si sono incontrate, la giustizia e la pace si sono baciate. La verità germoglia dalla terra e la giustizia guarda dal cielo”, i firmatari affermano che è incomprensibile il “rifiuto di dare spazio alle spiegazioni, di ascoltare le molte voci che hanno voluto contribuire a interpretare il malcontento, e la decisione del suo governo di scegliere di ‘spegnere il fuoco con la benzina’, come una rispettata giornalista ha riassunto, concentrandosi quasi esclusivamente sulla dichiarazione dello stato di emergenza e portando i militari in piazza”.

Il modello della protesta di questi giorni, si legge nel testo, “è stato lo stesso che ha seguito il terremoto e lo tsunami del 2010, una situazione ovviamente non pianificata, che ha causato un crollo immediato delle comunicazioni, ostacolando qualsiasi tentativo efficace di coordinamento. Questo paragone non è banale, né semplicemente retorico, poiché ci consente di constatare che il malcontento che è stato espresso in questi giorni, si stava già schiudendo all’inizio di questo decennio. (…) Ciò mostra che la responsabilità per le dimensioni del malcontento è condivisa con i governi precedenti (…). Ma il suo governo è responsabile della riduzione al minimo delle aspirazioni a cambiamenti profondi volti a superare la scandalosa disuguaglianza. Ora è chiaro che ci sono migliaia di persone che si sono stancate di sentirsi invisibili”.

“Non sarà possibile ripristinare l’ordine pubblico e la governance senza ripristinare la fiducia – dicono i firmatari –, e per questo è necessario che il suo governo, ma anche gli altri settori politici, faccia gesti credibili di riconoscimento e chieda perdono per non essere stato in grado di discernere la profondità dell’indignazione dei cittadini. Indubbiamente, il ripristino dello stato di diritto è un passo fondamentale per rendere possibile un dialogo costruttivo che permetta il progresso nelle trasformazioni sociali di cui il Cile ha bisogno”.

La lettera si conclude esprimendo la “piena disponibilità a unirsi a eventuali iniziative di dialogo o azioni pubbliche trasversali di ricerca della comprensione, purché siano basate sul rispetto e l’empatia di fronte alla fatica e alla rabbia dei cittadini”.

Qui il testo integrale della lettera per la quale si stanno raccogliendo adesioni.