Corridoi umanitari, da best practice a policy

Oltre 200 persone hanno seguito ieri pomeriggio il seminario (online) promosso da Confronti e Idos con il Ministero degli Affari esteri e Cooperazione. Tra gli interventi, numerosi esponenti della FCEI e delle realtà protestanti e non che hanno dato vita al progetto umanitario

Roma (NEV), 27 maggio 2020 – Oltre 200 persone, in media, connesse (e più di 2000 visualizzazioni su Facebook), per partecipare alla web conference sui corridoi umanitari. Si è svolto ieri, on line, un incontro promosso dal Centro studi Confronti con Idos – Centro Studi e Ricerche sull’immigrazione e il supporto del Ministero Affari Esteri e Cooperazione. Il dibattito pomeridiano, moderato dal direttore di Confronti Claudio Paravati, è stato seguito via zoom e in diretta fb su varie pagine. Focus dell’appuntamento, come detto, la pratica dei corridoi umanitari, un progetto che la FCEI conduce dal 2016, insieme a S.Egidio e Tavola Valdese, che ha già portato in Italia in sicurezza e legalità oltre 1800 persone. Soprattutto, a fronte della pandemia del Covid19 e delle relative restrizioni, la conferenza è stata l’occasione anche per ragionare sul futuro di questo progetto umanitario.

All’incontro hanno preso parte il Capo dell’Unità di Analisi, Programmazione e Documentazione Storico Diplomatica del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Ministro Armando Barucco, la Vice Ministra degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Emanuela Claudia Del Re, che ha tenuto il Keynote speech, e del Ministro Paolo Crudele, Vice Direttore Generale/Direttore Centrale per le politiche migratorie e mobilità internazionale della DGIT, che ha curato le conclusioni.

Dopo i saluti della moderatora della Tavola valdese Alessandra Trotta, si è tenuto il primo panel sullo stato dell’arte dei corridoi, moderato da Luca Di Sciullo, presidente di Idos, introdotto dall’intervento della giornalista Marta Cosentino, autrice del documentario del 2016 “Portami via”, realizzato in occasione del secondo corridoio umanitario.

Quanto è stato fatto fino ad ora, tra risultati positivi e anche alcune criticità, lo hanno spiegato Federica Brizi, responsabile dell’accoglienza per la FCEI, Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, Gianluca Barbanotti, segretario esecutivo della Diaconia valdese, Fiona Kendall e Giulia Gori, referenti advocacy e progetti della FCEI.

La seconda parte del convegno, guidata dal giornalista Luca Attanasio, ha visto protagonisti Carlotta Sami, portavoce dell’UNHCR Italia – Agenzia ONU per i Rifugiati, Riccardo Noury di Amnesty International – Italia,  Oliviero Forti di Caritas e il professor Maurizio Ambrosini, docente di sociologia delle migrazioni all’Università Statale di Milano, la giornalista di Repubblica Alessandra Ziniti. 

Qui il video integrale della conferenza:

“Speriamo di ripartire a settembre – ha dichiarato Paolo Naso, coordinatore di Mediterranean Hope, programma migranti e rifugiati della FCEI -, appena possibile i nostri operatori torneranno in Libano. Siamo molto fiduciosi, anche alla luce dell’ottimo panel di ieri, che si possa arrivare anche in tempi brevi al rinnovo del protocollo (già due protocolli, stipulati con Ministeri dell’Interno e degli Esteri, sono stati stipulati dalle chiese protestanti e S.Egidio; ad oggi, dopo un ultimo viaggio aereo ancora in sospeso dopo quello dello scorso gennaio, l’accordo è in attesa di rinnovo per il prossimo biennio, ndr). L’auspicio forte è che venga estesa la possibilità, oltre che dal Libano, anche ad altri Paesi quali l’Etiopia e il Niger, questo proprio per dare l’idea che si tratta di un modello replicabile in altri contesti e che può rispondere a crisi geopolitiche diverse, non solo alla guerra in Siria”. Un modello che da best practice si candida dunque a diventare una vera e propria policy, una politica strutturale dell’Unione europea.

Un momento della zoom talk

“Grande apprezzamento – ha concluso il coordinatore di MH – sia per la qualità degli interventi che per la forte consonanza di soggetti diversi, come i promotori ovviamente ma anche lo IOM, l’UNHCR, le istituzioni, in primis il Ministero Affari esteri, che insieme concordano sul valore di questa buona pratica che ha fatto parlare di sé in Europa. Un’idea italiana che si deve europeizzare e che deve consolidarsi”.