Comunicazione e informazione in tempi di crisi

Un contributo dei Comunicatori cristiani mondiali per innovazione, creatività, giustizia e resilienza nel post-pandemia. Il segretario generale Lee: “impossibile sanare le divisioni e plasmare un futuro solidale senza comunicazione”

Roma (NEV), 26 novembre 2020 – L’Associazione mondiale per la comunicazione cristiana (WACC) ha pubblicato il quarto volume “Media development” per l’anno 2020. Intitolato “Comunicazione in tempi di crisi”, il volume raccoglie in 54 pagine una serie di contributi in inglese, spagnolo e francese.

“La pandemia di covid-19 si è fatta strada in profondità nella psiche umana – si legge nella presentazione sul sito WACC –. Ha spezzato famiglie e comunità. Negato la socialità. Ha isolato e reso alcune persone più egoiste e altre più consapevoli. Ha evidenziato fallimenti nelle strutture politiche ed economiche. Ma soprattutto, ha iniziato a creare un senso di resilienza, unione e sopravvivenza”.

Il volume tratta della pandemia da diversi punti di vista, analizzandone gestione e conseguenze. Il segretario generale della WACC, Philip Lee, nel suo saggio intitolato “Covid-19, esclusione sociale e inclusione digitale” afferma: “Sarà impossibile sanare le divisioni e plasmare un futuro solidale senza comunicazione”.

Le stesse piattaforme digitali, osserva Lee, oggi contemporaneamente “rafforzano le voci, la disinformazione e le fake news”, ma possono anche fornire quello che lo storico Simon Schama chiama “l’ossigeno della socialità”, o della “capacità sociale”. L’obiettivo auspicabile è quello di una maggiore “comprensione tra le persone, per stabilire nuovi valori e costruire un nuovo senso di fiducia”. L’idea è quella di un sistema di comunicazione e informazione monitorato e regolato da organismi indipendenti con una legislazione appropriata. Ma anche dalla stessa società civile “che ha un interesse acquisito nei sistemi di comunicazione autenticamente democratici e nella responsabilità pubblica”. Solo un controllo rigoroso, secondo Lee, può garantire un “futuro digitale”. Un futuro in cui le persone e le comunità siano in grado di comunicare “con tutta l’immaginazione e la creatività che le rendono umane. Solo allora le persone acquisiranno un senso di communitas veramente inclusivo”.

Negli altri interventi, si parla di uguaglianza di genere nel post-covid, di prospettive future, dell’impatto del covid su rifugiati e migranti, le cui voci spesso sono state silenziate dalla pandemia.

Christina Pazzanese firma un pezzo intitolato “Combattere la ‘pandemia della disinformazione’”. Pazzanese affronta il problema di come l’epidemia possa attirare e fuorviare l’attenzione del pubblico. “Le raccomandazioni di medici esperti sono spesso soffocate da una raffica di consigli incompleti, rimedi approssimativi e teorie fuorvianti”. Questa informazione errata o incompleta circola creando ansia e alterando la percezione delle persone che si affrettano a tentare di comprendere i rischi per la salute.

La pubblicazione comprende inoltre delle testimonianze e riflessioni provenienti da diversi contesti locali e mondiali. Dai diritti umani, all’innovazione, all’uso (o abuso) di internet, fino alla comunicazione ecumenica e a un suo ripensamento in chiave pastorale e profetica, in nome della mediazione e della riconciliazione. In chiusura, la lettera contro l’incitamento all’odio, alla discriminazione e alla violenza dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani.