Diritto alla casa, chiesa d’Inghilterra: “Pronti a usare i nostri terreni”

La crisi abitativa nel Regno Unito al centro di un rapporto ad hoc dal titolo “Coming home: Tackling the housing crisis together”, realizzato da una Commissione di studio incaricata dall'arcivescovo di Canterbury. Tra le proposte, quella di usare migliaia di ettari di terra di proprietà della Church of England per costruire case a prezzi accessibili per persone a basso reddito o senza fissa dimora.

condomini a Londra (foto: Maria Teneva, unsplash)

Roma (NEV), 2 marzo 2021 – L’emergenza abitativa “È una questione di giustizia e quindi riguarda la Chiesa. Costruire case a basso costo vuol dire anche costruire comunità più forti”. Con queste parole Justin Welby, l’arcivescovo di Canterbury, ha annunciato, come si legge sul sito della Chiesa d’Inghilterra, l’ultima di una serie di iniziative a favore dei più deboli: la scelta di destinare parte dei propri terreni a spazi dove costruire case per chi non ne ha. Una “sfida all’anima”, quella della povertà e in particolare del mancato accesso a case a prezzi equi, che impone alla Chiesa di “dare il buon esempio nella soluzione della crisi abitativa”.

Un problema, quello del diritto all’abitare, sempre più presente nella società britannica, aggravato anche dall’emergenza sanitaria e dalla conseguente crisi economica. Circa otto milioni di persone, secondo le stime della chiesa anglicana, vivono attualmente in UK in alloggi inaccessibili, o al di sotto degli standard di vita dignitosi o comunque sovraffollati. Il mercato immobiliare inglese, inoltre, è caratterizzato dal fatto che gran parte dei terreni del Regno Unito oggi giorno sono ancora di proprietà dei Lord inglesi e della monarchia.

Così l’arcivescovo di Canterbury ha incaricato una commissione di studio, formata da dieci esperti, di elaborare un’analisi e un piano d’azione specifici su questo tema. Dopo due anni di lavoro, ecco i risultati. Di qui la proposta di usare i terreni di proprietà della Church of England per edificare appartamenti a prezzi e mutui agevolati, da destinare a famiglie e persone in condizioni economiche svantaggiate o senza fissa dimora.

Il rapporto della Commissione si intitola “Coming home: Tackling the housing crisis together” (in italiano “tornare a casa: affrontare insieme la crisi abitativa”, ndr) ed è disponibile a questo link.

Suggerisce l’adozione di un piano ventennale per costruire migliaia di abitazioni, con priorità ai terreni situati nei territori del Paese più vulnerabili, da un punto di vista sociale. L’iniziativa ha avuto una grande eco sui media europei, in Italia ne ha parlato anche questo articolo de Il sole 24 ore pochi giorni fa. 

Charlie Arbuthnot, presidente della Commissione, ha dichiarato: “Vediamo il diritto alla casa come una questione di giustizia sociale: è un imperativo morale”.

La Chiesa d’Inghilterra ha anche definito un “fallimento morale” quello del governo e delle istituzioni, responsabili di non aver adottato misure efficaci per risolvere l’emergenza abitativa.

“Sebbene negli ultimi 20 anni siano state costruite tre milioni di nuove case – si legge nel rapporto -, la conseguenza di gran lunga maggiore è stata che quasi 2 milioni e mezzo di famiglie in più hanno affittato privatamente. […] La Commissione esorta il governo a definire una strategia abitativa di 20 anni, che comprenda un obiettivo specifico per le case che siano veramente convenienti e accessibili, tra 10 e 20 anni, e individuando chi dovrebbe sostenere l’onere finanziario per raggiungere questo obiettivo”.

Anche nell’ultimo Sinodo, la chiesa inglese ha affrontato tematiche e prese di posizione “progressiste”, dall’impegno contro i cambiamenti climatici all’accoglienza dei migranti.