Venezia. 18 pescatori, 108 giorni di prigionia

Presentato ieri, per iniziativa ecumenica promossa dall’Associazione cinema protestante “Roberto Sbaffi”, il film “Centootto” di Giuseppe Bellasalma, Michele Lipori e Claudio Paravati

Un frame dal film Centootto

Venezia, 8 settembre 2022 – Il mare come orizzonte, come confine, come muro. Un mare che diventa liquido o solido, che separa e poi riunisce. È un po’ questo il mare che appare e scompare nel documentario “Centootto” di Giuseppe Bellasalma, Michele Lipori e Claudio Paravati presentato ieri a Venezia.

È il film che parla dei 18 pescatori di Mazara del Vallo sequestrati per 108 giorni in Libia, fra il settembre e il dicembre del 2020. La “cornice” è quella della Mostra del Cinema, ma il “quadro” è in città, lontano dal red carpet del Lido. Infatti, in parallelo con la 79^ Mostra internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, l’Associazione protestante cinema “Roberto Sbaffi” organizza da alcuni anni una iniziativa ecumenica. Frutto della collaborazione con il Segretariato attività ecumeniche (SAE) di Venezia, la Chiesa valdese e metodista e la Diaspora unione delle chiese metodiste e valdesi, la proiezione ha portato a Venezia il regista Bellasalma, che ha dialogato con un pubblico attento e interessato.

Centootto a Venezia

Una delle cifre del film, ha spiegato Giuseppe Bellasalma, è il pudore. Necessario quando ci si accosta al dolore e alla vita delle persone. Il documentario riesce a rappresentare l’intimità (esistenziale, emotiva, spirituale) trasformandola in un viaggio di scoperta culturale. Non solo una storia, ma tante storie che si intrecciano, con diversi piani di narrazione.

È un film che parla della vicenda dei pescatori di Mazara, ma è anche un documentario su Mazara. Ed è un film sulle donne (mogli, madri, figlie) che aspettano e combattono per avere risposte, per vederli tornare. “Il fuoco intergenerazionale negli occhi”; chiama così Bellasalma quel coraggio, quella determinazione femminile che le porta a incatenarsi a Roma per ottenere l’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica. E, ancora, uno spaccato sulla Mazara “tunisina”, dove il muezzin canta ogni giorno e dove le solitudini e le moltitudini entrano in dialogo proprio nel momento in cui si presentano delle crisi.

La scelta di luci, montaggio, fotografia e suoni è frutto del lavoro di professionisti fra cui Ilyà Sapeha, Isabella Guglielmi e Marco Aruta (qui la scheda tecnica del film). Se ne ricava una “coerenza stilistica e formale”, conclude Bellasalma. I tre registi hanno voluto lavorare così: “Poche idee, ma chiare. Si capisce che qualcosa è stato sacrificato, tuttavia ogni storia ha il suo vestito. E ogni storia deve avere il tempo del respiro”.

Peter Ciaccio, presidente dell’Associazione Sbaffi (nonché in questi giorni giurato alla 79^ Mostra del cinema di Venezia per il premio INTERFILM al dialogo interreligioso), ha portato un saluto e alcune riflessioni. Fra l’altro, Ciaccio ha parlato di una sorta di inversione dei ruoli, in una “immersione” che trasfigura le donne, e le rende pescatori. Il nubifragio che le sorprende in presidio permanente a piazza Montecitorio, dove dormono diverse notti all’addiaccio, trasforma anche Roma in mare, “e l’Urbe è Mazara”.

Visione e dibattito si sono svolti presso la Casa del Cinema, in Palazzo Mocenigo, San Stae 1990. Ha introdotto e coordinato Alessandra Cecchetto del SAE-Venezia.

Il doc è prodotto dal Fai Cisl, organizzazione sindacale del settore agroalimentare, e da ConfrontiKino.

Per informazioni sul film: info@centootto.com – https://centootto.com/