Mariangela Di Marco parla del quartiere di Roma Torpignattara, conosciuto anche come “Banglatown”.
“Con tre chiese cattoliche, cinque moschee, tre chiese pentecostali, due templi indù e uno buddhista, Torpignattara, quartiere a Est di Roma, rappresenta da tempo un pluralismo religioso che si è consolidato anche a livello nazionale”. Un microcosmo che, sostiene la giornalista, “in genere viene raccontato con approccio sensazionalistico”.
La narrazione, politica e mediatica, è spesso legata a “fatti di cronaca legati alla criminalità”, alimentando sia la percezione di insicurezza sia la polarizzazione che caratterizza il dibattito sulle migrazioni in Italia. Tutto questo avviene, tuttavia, “a fronte di una generale contrazione delle attività illegali in termini statistici”. Infatti, è errato associare l’aumento degli stranieri residenti in Italia a un problema di sicurezza. Scrive Di Marco: “I dati Eurostat rilevano che gli indici di criminalità non sono aumentati con l’incremento dei richiedenti asilo”. Discutibile, anche, “presentare le persone migranti come vittime da commiserare. Una narrazione che porta dei rischi”. Per analizzare questi rischi, Di Marco interpella Alessandra Broccolini, docente di Antropologia dell’università La Sapienza e componente dell’Ecomuseo Casilino, ente museale che valorizza e promuove il patrimonio ambientale e culturale del territorio. Dice Broccolini:
“Il primo rischio è quello dell’esotizzazione del quartiere nel bene e nel male e di schiacciarla solo sulla presenza dei migranti che sono un elemento importante. Il secondo è quello opposto, quello dell’autoctonia, ossia del ricercare a tutti i costi l’esclusiva dell’italianità”.
Dati, numeri e sensazioni, fra vecchi e nuovi mestieri, odori di cucina asiatica e di pizza…
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