La mia esperienza come volontaria a Scicli 

La rubrica “Lo sguardo dalle frontiere” è a cura degli operatori e delle operatrici, dalle volontarie e dai volontari, di Mediterranean Hope (MH), il progetto sulle migrazioni della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). Questa settimana “Lo sguardo” proviene da Scicli ed è stato scritto dalla volontaria Anna (tedesca, da Wittenberg, che ha studiato italiano negli ultimi mesi, ndr)

Roma (NEV), 20 luglio 2023 – Mi chiamo Anna, ho 19 anni e sono di Wittenberg, una piccola città nell’Est dalla Germania. Un anno prima di finire la scuola, ho deciso di fare un’esperienza di volontariato all’estero in un paese dove dovevo imparare un’altra lingua. 

Adesso posso dire che ho imparato tantissime cose durante quest’anno, e non solo l’italiano. Quando ho sentito del progetto Casa delle Culture, ero molto curiosa di vedere come funzionano strutture di accoglienza di questo tipo, soprattutto perché purtroppo la migrazione non mi sembrava un tema presente nel paesino dove sono cresciuta. Anche l’idea di fare un lavoro sociale dopo 12 anni di scuola prima di studiare di nuovo all’università era molto importante per me. 

A volte sono incredula su come funziona la migrazione in Europa, e il fatto che io non sapevo quasi niente sulla Libia e sul Sudan mi ha fatto capire quanto si può e si deve imparare anche fuori dalla scuola.  

Ho l’impressione che durante questo progetto di volontariato ho fatto tantissime cose interessanti e anche molto diverse. Mi piace tanto questa diversità perché ogni settimana è diversa da quella precedente, con un progetto diverso e sempre importante.  

Se c’è un giorno o un’occasione più “politica” come ad esempio la giornata contro la violenza contro le donne, si organizzano progetti per i bambini del doposcuola sul tema specifico e collaboriamo ad organizzare manifestazioni. L’attivismo che coinvolge anche la comunità di Scicli è stato una grande parte della mia esperienza e mi ha fatto vedere che la comunicazione spesso è un modo bello di dare attenzione ai problemi.  

In altri periodi abbiamo partecipato a progetti più creativi, giochi e balli insieme ai bambini del doposcuola. Nel doposcuola potevo vedere ogni pomeriggio quante idee e quanta energia hanno questi bambini. E spesso mi dispiaceva vedere che la scuola lascia così poco spazio ai bambini per essere creativi. La maggior parte delle famiglie dei bambini sono immigrati dalla Tunisia e parlano solo arabo a casa. Per questo i bambini spesso hanno difficoltà con la lingua a scuola. Durante quest’anno piano piano i bambini hanno fatto progressi nel leggere e nello scrivere ed è stato bellissimo vedere questo sviluppo.  

Per me la Casa delle Culture è un luogo di vero scambio culturale: uno scambio tra volontar*, uno scambio tra volontar* e ospiti e uno scambio tra volontar* e operatori e operatrice, ma anche uno scambio tra la struttura e la comunità di Scicli. Parlando con gli ospiti durante le varie attività, ho imparato molto sulle loro culture. Sono contenta che, come volontaria, sono anche riuscita a costruire dei rapporti umani con i ragazzi ospiti, anche se spesso non abbiamo lo stesso punto di vista o se non parliamo la stessa lingua. Balliamo insieme, cuciniamo pranzi insieme e giochiamo insieme. E anche dai bambini ho imparato molto. Mi facevano domande sulla Germania e raccontavano della Tunisia e della loro religione. Durante un corso di arabo con Kawla, una signora siriana, non ho solo imparato l’alfabeto arabo ma abbiamo anche parlato dei nostri paesi: parlavamo dalla Germania, dalla Siria e anche dalla Sicilia con gli altri partecipanti del corso.  

Nonostante tutte queste esperienze belle, ho provato una certa frustrazione rispetto all’ingiustizia, realizzando quanto sono privilegiata. Io non sono vittima di discriminazione razziale e non devo aspettare i miei documenti per stare in Italia perché sono dell’UE. Io posso ritornare in Germania dalla mia famiglia, mentre ci sono delle persone che non possono mai più vedere la loro famiglia. Ho la libertà di fare questa esperienza per un anno senza la pressione di dovere guadagnare soldi e dopo potrò studiare quello che voglio all’università, mentre tanti migranti in Sicilia sono sfruttati nelle serre. Spesso mi sentivo come se io non potessi cambiare niente, perché questi problemi mi sembrano così grandi e lontani. Però il lavoro nella Casa delle Culture mi ha fatto vedere che ogni passo piccolo nella direzione giusta può avere un’influenza sulla vita delle persone, che ogni manifestazione, ogni festa, ogni attività e ogni conversazione potrebbe motivare altre persone ad imparare nuove cose e a cambiare qualcosa. Personalmente posso dire che dopo quest’anno io ho tanta voglia di ancora conoscere altre culture e di continuare ad imparare, di non perdere la speranza e anche di provare a smuovere qualcosa nella nostra società.