Roma (NEV), 30 dicembre 2024 – Riportiamo di seguito la trascrizione della rubrica radiofonica “Finestra aperta“, curata dalla pastora Cristina Arcidiacono, andata in onda in chiusura della puntata del “Culto evangelico” di domenica 20 dicembre 2024.
Tre immagini, tre storie, mi accompagnano in questa fine anno e desidero condividerle con voi. La prima è quella di Yasmine, la bambina di 11 anni che si è salvata dal naufragio dell’imbarcazione su cui viaggiava. Tutte le persone che erano con lei nella barca sono morte, compresi il fratello e il cugino. Ha resistito nel mare d’inverno, aggrappata ad una camera d’aria, per più di 12 ore. Ha gridato, e le sue grida sono state udite dalla barca della ONG che l’ha tratta in salvo.
Francesca Saccomandi, la volontaria di Mediterranean Hope (MH), il programma rifugiati e migranti della Federazione della chiese evangeliche in Italia, che l’ha incontrata, le ha dato uno zainetto con un album da colorare e dei colori: Yasmine era contenta. La storia di na nuova nascita, dal mare, che parla tante lingue, che racconta le storie di tante persone, che narra anche di tenebre, solitudine, responsabilità del potere, indifferenza.
La seconda storia è quella di Gisèle Pélicot, 72 anni, il cui ex marito è stato pochi giorni fa condannato a 20 anni di reclusione per aver abusato di lei per oltre un decennio, drogandola e violentandola nel sonno, contattando via internet uomini che partecipavano, pagando, alle violenze. Anche molti di loro sono stati condannati. Chiedendo un processo “a porte aperte”, la signora Gisèle ha trasformato una storia privata e terribile, in una testimonianza pubblica, affinché donne di ogni età possano trovare il coraggio di denunciare le situazioni di abuso e la società intera prenda coscienza della strutturalità della violenza maschile contro le donne – una strutturalità che richiede una trasformazione delle dinamiche di potere, una vita nuova per tutte e tutti da costruire.
La terza storia è più autobiografica, perché riguarda un incidente stradale avvenuto proprio all’incrocio che attraverso tutti i giorni, che unisce due quartieri molto abitati e ricchi di servizi, di scuole, parchi, nella (quasi) periferia nord di Milano. La signora Rocio Espinoza Romero, 34 anni, è stata uccisa da un camion mentre stava attraversando la strada con il verde e sulle strisce pedonali, con la madre e i suoi due gemelli di 18 mesi in passeggino.
Questi ultimi sono illesi, spinti via da Rocio. Tutto il quartiere e la comunità peruviana si sono mobilitati. Al di là del “pirata della strada” che non si è fermato a soccorrerla, il verde era anche per lui, che girava a destra. C’è un sistema organizzativo del traffico che parte dalla necessità del suo fluire, che non pensa alle persone, che non pensa alla comunità.
Tre donne, tre generazioni, che testimoniano e custodiscono la vita, la vita delle persone vive, delle e dei viventi: sopravvivendo alla violenza strutturale e raccontandola, fino a perderla, perché l’amore possa continuare a vivere. Non serve inasprire le pene, aumentare le punizioni, insistere sull’individuo (di solito maschio) e sulla proprietà privata, che anche le nuove linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica nelle scuole vorrebbero fossero al centro della formazione delle ragazze e dei ragazzi, ma fare della propria quotidianità un esercizio quotidiano alla pace. Pace, parola scandalosa, e per questo al centro della venuta di Cristo.
Pace, parola mite eppure sovversiva, che trasforma prima di tutto me stessa, mi coinvolge come parte di una creazione più ampia dei miei diritti e dei miei bisogni e mi dona, proprio ora, proprio qui, Speranza. Vi auguro buon anno, di pensieri, parole, gesti rinnovati.