Primo maggio. Il lavoro deve essere al servizio della vita

Un impegno per la conversione dell’economia dalla guerra alla pace per un lavoro degno e al servizio della vita

Foto di Alex Jones -Unsplash

Roma (NEV), 30 aprile 2019 – Per la ricorrenza della Giornata del lavoro, 1° maggio, la Commissione Globalizzazione e Ambiente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) ha prodotto un documento che tiene insieme le tematiche del lavoro e quelle dell’economia, della pace e della custodia della vita sul nostro pianeta.

“Quale lavoro? E’ questo un primo maggio elettorale, misurato sulla tenuta dell’Europa e del suo modello economico (sancito a Lisbona nel 2000) basato sulla competizione interna per contenere la deriva nell’economia globalizzata che, sebbene nutra i nazionalismi e generi disagio sociale e disuguaglianze, non viene ridiscusso dalle fondamenta ma rattoppato, affidando al mercato il pilastro sociale e le politiche di contrasto al cambiamento climatico. Ovvero si chiede la soluzione a chi è responsabile del problema.

Oltre a ciò, nel Piano finanziario 2021-2027 in discussione, l’Unione europea propone di aumentare le risorse per la difesa e la sicurezza interna, per la migrazione e la gestione delle frontiere, programmi coerenti con gli impegni militari internazionali in corso e le relative politiche industriali.

Chi in questi anni sta lottando per il rispetto dell’articolo 11 della Costituzione e per una riconversione della produzione bellica e chi, pur disoccupato, rinuncia ad un posto di lavoro alla RWM di Domusnovas che produce armi esportate in Arabia Saudita e lanciate in Yemen, chi sta facendo approvare nei Consigli comunali la Mozione di Assisi per fermare la guerra in Yemen e chi, con motivazioni cristiane, ritiene che il lavoro sia espressione della vocazione, vincolato alla cura e la custodia della vita sul pianeta e arginato dallo shabbat, in occasione di questo Primo maggio, ribadisce che in questo Paese ancora troppe persone sono costrette per vivere a fare lavori insostenibili, anche eticamente.

Per questo:

  • Diciamo NO al programma dei cacciabombardieri F35.
  • Rinnoviamo la richiesta al Governo italiano di bloccare tutte le forniture di armamenti a Paesi in conflitto.
  • Sollecitiamo il Governo a rispettare non solo tutti i divieti formalmente espressi nella legge 185 del 1990, ma anche i rigorosi criteri della Posizione Comune UE e del Trattato internazionale sulle armi (ATT) che vietano le esportazioni di armamenti qualora queste possano essere utilizzate per commette o facilitare gravi violazioni del diritto internazionale umanitario.

Ribadiamo il nostro impegno per la conversione della economia dalla guerra alla pace, per un lavoro pulito, degno e sensato nel quadro di una economia al servizio della vita”.