Primo “corridoio umanitario” dalla Libia

Paolo Naso (FCEI): "L'azione delle chiese ha tracciato la strada alla politica. Ora bisogna passare dal gesto di buona volontà natalizia a una nuova politica delle migrazioni"

Disegno di Francesco Piobbichi - operatore del progetto Mediterranean Hope della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI)

Roma (NEV), 23 dicembre 2017 – Ieri è  arrivato a Roma il primo gruppo di profughi dalla Libia: sono atterrati all’aeroporto militare di Pratica di Mare con  un volo di Stato organizzato dal Ministero dell’Interno nella forma di un “corridoio umanitario”. Nell’azione di accoglienza è coinvolta anche la Conferenza episcopale italiana (CEI) e, all’arrivo, era presente il ministro dell’Interno, Marco Minniti.

Questi  profughi giungono in Italia con un titolo che riconosce loro la “protezione internazionale”, vale a dire che la loro situazione è già stata valutata dall’ACNUR in Libia; una procedura diversa da quella del progetto dei “corridoi umanitari” promossi dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), dalla Tavola valdese e dalla Comunità di Sant’Egidio. Coloro che partecipano a questo progetto, infatti, sono profughi che giungono in Italia con un “visto umanitario” e fanno domanda d’asilo non appena arrivano a Roma-Fiumicino. Ma al di là delle differenze tecniche, è un fatto che il Ministero dell’Interno abbia definito quello di ieri un “corridoio umanitario”, riprendendo il termine adottato per l’iniziativa ecumenica che ha già portato in Italia dal Libano mille profughi in condizioni di vulnerabilità e che continuerà nei prossimi due anni.
“Accogliamo questo arrivo con grande soddisfazione – commenta Paolo Naso, coordinatore di Mediterranean Hope – Programma rifugiati e migranti della FCEI – perché avvalora e sviluppa la buona pratica che gli evangelici italiani e la Comunità di Sant’Egidio hanno avviato due anni fa. E il fatto che questa volta i profughi vengano dalla Libia, dimostra ancora una volta che il modello ideato e varato da comunità cristiane ha una sua funzionalità e una sua logica che la politica ha ripreso. In questo caso l’azione delle chiese ha tracciato la strada alla politica – conclude Naso – e dà la misura di ciò che insieme i cristiani possono fare per soccorrere chi soffre e bussa alla nostra porta. Ora si tratta di trasformare un grande gesto di buona volontà natalizia con una politica su larga scala e con numeri assai più rilevanti: troppe testimonianze concordano nel definire la Libia un inferno e la nostra coscienza italiana ed europea non può fare finta di nulla”.