Daniele Garrone: “Pensare la libertà”

Il presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), Daniele Garrone, interviene sul significato della parola “libertà” alla vigilia del 17 febbraio, anniversario della concessione, nel 1848, dei diritti di cittadinanza ai valdesi

Foto DODJI DJIBOM / Unsplash

Roma (NEV), 16 febbraio 2022 – Anche quest’anno, in molte località, la “Settimana della libertà” sviluppatasi intorno alla tradizionale ricorrenza valdese del XVII febbraio, anniversario della concessione, nel 1848, dei diritti di cittadinanza ai valdesi del Regno di Sardegna (e poi, il 29 marzo dello stesso anno, agli ebrei), è un’occasione di riflessione e di mobilitazione.

Fra le iniziative in programma, oltre ai tradizionali falò e ai culti, ci sono diversi incontri sui temi della libertà, delle responsabilità individuali e collettive, dei diritti umani, della libera informazione. Segnaliamo in particolare l’incontro previsto a Firenze, giovedì 17, sul tema “Libertà nella responsabilità. La laicità dello Stato nella società plurale”, con Valdo Spini, Daniele Garrone e Alessandro Martini. A Milano, invece, la video conferenza dal titolo “La libertà religiosa in Italia: una questione irrisolta”, con Ilaria Valenzi. Nell’agenda NEV tutti i dettagli e gli altri appuntamenti in Italia.

Abbiamo interpellato il presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), Daniele Garrone, sul significato della parola “libertà” alla vigilia di questa ricorrenza. Qui di seguito, la sua riflessione.


Perché tematizzare la libertà e farlo in connessione ad un evento del passato?

Innanzitutto perché la libertà ha bisogno di memoria: bisogna sapere che cosa voleva dire vivere senza libertà, bisogna sapere che cosa è stato necessario perché ci fosse. La libertà nasce da una liberazione. Ad esempio l’abolizione di un ghetto, che sia fatto di muri, confini o discriminazioni. La memoria della liberazione non è fondamentale soltanto per le minoranze, ma è un elemento essenziale della coscienza civile. Dobbiamo ricordare che le libertà e i diritti di cui godiamo oggi – sanciti ad esempio nelle carte costituzionali delle democrazie europee – furono affermati in reazione alle dittature fascista e nazista, ai nazionalismi razzisti e furono posti alla base di una ricostruzione sulle macerie della II guerra mondiale. La memoria della libertà, la storia degli errori e degli orrori a cui ci si è vittoriosamente opposti e delle conquiste che sono state necessarie è parte essenziale della cultura della cittadinanza e della postura del cittadino. A cominciare dalla scuola.

Pensare la libertà

La memoria della libertà è una memoria impegnativa. La libertà va certo goduta, ma essere liberi porta con sé una vocazione, quella di vedere anche chi la libertà ancora non ha, chi non l’ha appieno. Impegna a considerare che la libertà è una e uguale per tutti e tutte; se ci sono livelli diversi di libertà, gradazioni di libertà, significa che ci sono ancora privilegi per gli uni e discriminazioni per gli altri. Questo il senso della nostra vigilanza sulla libertà religiosa nel nostro Paese e per una piena laicità, che consenta a tutti, credenti di ogni orientamento come a non credenti, di interloquire da una posizione paritaria, aldilà dei privilegi. Basta alzare lo sguardo per vedere quanti e quante, nel mondo, sono senza libertà, i cui diritti sono negati o violati. La nostra libertà ci impegna nei confronti di chi libero non è, o è meno libero o minacciato nella sua libertà. Per questo dobbiamo vigilare sulle parole d’odio, sulle derive dei discorsi, sul diffondersi e il radicarsi dei pregiudizi che – la storia ce lo insegna – preludono alla fine della libertà per tutti.

Infine, la memoria della libertà ci chiama a “pensare” la libertà, impegno difficile, ma tanto più prezioso, nel tempo delle parole urlate, delle relazioni umorali e dei messaggi brevi, dell’eruzione del sentire individuale, in cui “libertà” può voler dire soltanto “faccio quello che voglio” e non c’è altro criterio per orientare le nostre scelte se non ciò che sento io giusto per me. Se “pensiamo” la libertà, se ci interroghiamo su di essa, si affaccia un’altra parola, quella della responsabilità. Anche questo è nella nostra memoria della libertà e c’è da pensarci, senza esitazioni.

Daniele Garrone