Roma (NEV), 24 marzo 2022 – Con il calo dei membri e delle contribuzioni, molte chiese “storiche” devono affrontare il problema di come mantenere i loro stabili. Alcune hanno deciso di venderli. Su Riforma.it, Sara E. Tourn scrive: “L’idea che la propria chiesa diventi una scuola di ballo o un fast food può gelare il sangue a qualcuno. Specie se l’edificio racchiude secoli di storia e tradizione. Tuttavia, di fronte a problemi economici difficilmente risolvibili, e parallelamente a un calo di presenze inesorabile, con l’abbandono, spesso totale, del locale di culto, molte comunità hanno cominciato a porsi l’annosa domanda. Se non siamo in grado di restaurare il nostro tempio, e in ogni caso non sappiamo più come usarlo, perché non venderlo? Dalla Francia alla Gran Bretagna, dagli Stati Uniti alla Svizzera, molte hanno già affrontato una questione, che comincia a toccare anche l’Italia”. Tourn propone una ricognizione che va dall’Alsazia e Lorena ad oltre Oceano, passando per uno studio del 2021 di Lifeway Research, basato sui dati di circa trenta denominazioni. Qui si parla della chiusura di 4500 chiese. A fronte di 3000 avviate. “Il che mostra comunque un certo dinamismo” chiosa Tourn. Leggi l’articolo integrale su Riforma.it.