L’ascolto, la diagnosi e la cura

Si è tenuto a Roma il corso di formazione di base curato dal pastore valdese Sergio Manna, Cappellano clinico e Supervisore di “Clinical pastoral education”

Immagine tratta dal volantino del corso “L’ascolto, la diagnosi e la cura” con il pastore valdese Sergio Manna, organizzato e promosso in collaborazione con la Consulta delle Chiese evangeliche del territorio romano - maggio 2023

Roma (NEV), 18 maggio 2023 – Si è da poco concluso a Roma il corso “L’ascolto, la diagnosi e la cura” con il pastore valdese Sergio Manna. Esperto di “Clinical pastoral education” (CPE), Manna è Cappellano clinico e Supervisore certificato presso il College of Pastoral Supervision and Psychotherapy. Il corso, che si è tenuto nei locali della chiesa valdese di via IV novembre – la più antica della Capitale, fondata dopo la breccia di Porta Pia – è stato organizzato e promosso in collaborazione con la Consulta delle Chiese evangeliche del territorio romano.

“È un modulo di tre giornate che propongo da diversi anni – ci spiega Sergio Manna -. Ci sono i corsi in ospedale, obbligatori per i nostri studenti e studentesse di teologia (quelli afferenti alla CPE), ma tempo fa è emersa l’esigenza di organizzare dei corsi rivolti a membri laici delle comunità, alle persone che hanno l’intenzione di svolgere un servizio di volontariato, ai cosiddetti visitatori locali, ai diaconi… Pensiamo ad esempio ai Concistori. Un tempo, nella visione riformata, il Concistoro più che un organismo amministrativo era immaginato come collegio di anziani e anziane con il compito di cura della comunità. Un ruolo che ancora oggi può e deve essere valorizzato”.

Il corso si svolge dalle 9 alle 17 circa, con una pausa pranzo, in tre giornate. Si tratta di una formazione di base.

Prima giornata: cos’è l’ascolto?

La prima giornata è dedicata interamente al tema dell’ascolto. “Cos’è l’ascolto empatico? In che modo le parole e le emozioni ci aiutano a comprendere e riconoscere cosa sta vivendo la persona? Il primo passo è, semplicemente, ascoltare. Poi, ci addentriamo nell’argomento per capire come apprendere l’arte della cura” racconta il pastore.

Si lavora, ad esempio, sui verbatim. Una sorta di trascrizione anonima, sotto forma di linguaggio diretto e con il pieno rispetto della privacy delle persone coinvolte, di una visita pastorale effettivamente avvenuta. La situazione viene riletta, riprodotta, analizzata.

“Propongo 7 casi – dice Sergio Manna -. In ciascuno di questi, c’è una persona che dice una certa frase. Invito, quindi, a discutere su cosa stia dicendo e cosa stia provando questa persona Si lavora su ogni parola, cercando di parafrasare e di restituire il contenuto emotivo. La seconda parte dell’esercizio consiste nello scegliere, in base alla propria interpretazione, cosa si può dire alla persona in questione. Propongo delle risposte possibili, che sono molteplici. Se nessuna frase è convincente, chiedo di proporne altre”.

Puntualmente, ci racconta ancora Manna, “succede che chi partecipa al corso si identifichi nella situazione presa in esame e risponda sulla base di come si sente, più che riconoscere le emozioni e le parole della persona di cui stiamo analizzando i bisogni”. Un caso classico è quello della persona arrabbiata perché i figli non vanno a trovarla. Alla domanda: “Come si sente questa persona?” alcuni rispondono: “si sente in colpa”. No, dice Manna, “quella persona è arrabbiata. È un’emozione più difficile da gestire e da riconoscere, ma è proprio la rabbia. Dobbiamo capire che la rabbia è una delle emozioni basilari dell’essere umano e dobbiamo provare a capire cosa farne.

Adiratevi e non peccate, dice l’apostolo Paolo, come a volerci ricordare che questa emozione non va repressa, ma gestita”.

Seconda giornata: la diagnosi pastorale e spirituale

La seconda giornata di formazione è incentrata sul tema della diagnosi: “Tutti parlano di cura pastorale e di cura spirituale, ma quasi nessuno ha parlato di diagnosi, pastorale o spirituale. Lavoro su questo concetto perché è una cosa molto importante. Ci andrebbe bene se un medico ci desse una cura senza fare una diagnosi? No. La stessa cosa vale nella cura d’anime” afferma il pastore. Ci sono due modelli a cui si fa riferimento, uno dei quali elaborato dallo psicologo Paul Willem Pruyser a metà degli anni ’70.  Pruyser, autore fra l’altro del libro “The Minister As Diagnostician”, parla di pastori e sacerdoti in una “nuova cattività babilonese”, riprendendo il linguaggio di Lutero. “Il rischio è quello di scimmiottare i linguaggi. Alcune variabili hanno come connotazione termini che derivano dalla spiritualità, con un’origine molto più antica rispetto alla nascita della psicanalisi e della psichiatria – sostiene Manna -. Alcuni psichiatri trattano la materia della fede come se essa fosse attinente a una patologia. In una cartella clinica di un paziente che forse aveva dischiuso la sua fede, era annotato che tale paziente avesse ‘la strana fantasia’ che Gesù fosse il suo ‘personal saviour’. Gli psichiatri sottovalutano l’apporto positivo delle fede nel processo di cura, così come i cappellani a volte non prendono abbastanza sul serio gli aspetti psicologici”.

Un altro elemento importante del corso è rappresentato dall’analisi degli strumenti della cura. Strumenti di cura che sono “Nostri e dei pazienti – specifica ancora il pastore -. Risorse spirituali, preghiere, letture, scritture. E molte altre, che magari appartengono a un universo religioso non necessariamente mio, ad esempio le icone per un credente ortodosso, ma che vanno valorizzate”.

Terza giornata: cura spirituale dei morenti

La terza parte si concentra sulla cura spirituale dei morenti, dei loro familiari e care giver. Anche questa sezione del corso consiste di una parte teorica e, poi, di un lavoro sui verbatim legato ad esperienze concrete.


Un’esperienza da ripetere

Il corso ha visto la partecipazione di 25 persone provenienti dalle varie comunità afferenti alla Consulta che, lo ricordiamo, riunisce chiese valdesi, metodiste, battiste, avventiste, luterane e della comunità evangelica francofona di Roma. Fra loro, visitatori, visitatrici, alcuni simpatizzanti delle chiese e anche due psicologi.

“Abbiamo ricevuto feedback molto positivi” ha commentato il pastore Winfrid Pfannkuche che, insieme alla moglie Nadia Delli Castelli, si è occupato della logistica e dell’ospitalità presso la chiesa valdese di via IV novembre.

“Penso sia un’esperienza da ripetere, e magari da riproporre ciclicamente – ha detto ancora Pfannkuche – soprattutto in una città come Roma. L’idea era quella di ritrovarsi, nel post-covid, per uscire dagli egocentrismi, dagli arroccamenti. Riaprirsi al prossimo, farlo insieme anche in chiave ecumenica, almeno fra protestanti, e riprendere attenzione a cosa ci sta attorno, nel territorio, nella città. C’è molto da fare per ritessere legami comunitari. Le visite sono prioritarie, ma è diventato difficile farle, a volte sono addirittura ostacolate. Dieci, venti anni fa, le persone si aspettavano la visita del pastore, era considerata fondamentale. Ora qualcosa è cambiato, nella fiducia, nella confidenza, nelle abitudini. Incontri come questo, possiamo proprio dirlo, sono… manna nel deserto”.

L’interesse per questo corso dimostra la capacità e il desiderio di essere comunità, di voler essere e (ri)costruirsi come popolo protestante a Roma.

“Roma è la città più protestante d’Italia – ha detto ancora il pastore Pfannkuche, parafrasando Paolo Ricca -. Roma, tuttavia, vive una fase di forte disgregazione e abbandono. Un forte riflesso di ciò che capita a livello sociale lo vediamo anche nelle chiese, le cui potenzialità non sempre sono messe a frutto. Dalla trasformazione della mentalità rispetto all’evangelizzazione, alla fuga dalla città; dal turismo di massa alla disaffezione per un centro storico ormai sfondo di tutt’altro rispetto al passato. Andare in chiesa lontano da casa è diventato faticoso. Per questo, come team pastorale valdese e metodista, stiamo lavorando per creare relazioni, pure nella diaspora, pure nella fatica ‘elitaria’ di essere minoranza. Dare vita a una formazione trasversale che unisce le realtà di diverse chiese a Roma è qualcosa di eccezionale. Dobbiamo muoverci in questa direzione”.

Questo corso è gratuito per le comunità ed è disponibile per tutte le chiese in Italia. Edizioni si sono già svolte, ad esempio, in Puglia, a Roma, a Bergamo, a Milano. A fine formazione viene rilasciato un attestato.

Il volantino del corso: depliant CPE VISITATORI Roma2023def

Per informazioni: pastoraleclinica@chiesavaldese.org