Libertà religiosa. La legge che non c’è

La consulente legale della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, avv. Ilaria Valenzi, parla dell’inadeguatezza del sistema normativo sui culti ammessi. Quanto alle intese, utili ma ancora in un certo senso discrezionali, esse servono al riconoscimento delle confessioni religiose che le stipulano. Le intese vanno a garantire e definire, anche, una serie di diritti: dalle festività religiose all’assistenza spirituale, dai riti funebri alla tutela degli edifici di culto

Ilaria Valenzi

Roma (NEV), 20 febbraio 2024 – Il 21 febbraio 1984 si firmava la storica Intesa fra lo Stato e la Tavola valdese. In occasione dei 40 anni da questo evento, l’agenzia NEV propone una serie di approfondimenti. Oggi è la volta del commento tecnico della consulente legale della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), avv. Ilaria Valenzi.


Nel sistema costituzionale dei rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose, l’istituto dell’intesa si pone come strumento di bilateralità pattizia, concepito per le confessioni religiose diverse dalla cattolica nel rispetto della loro piena autonomia statutaria. La natura pattizia ha il pregio di consentire a questo strumento di regolare i rapporti anzidetti facendo riferimento alle peculiarità di ogni confessione. In questo senso, l’intesa si rivela molto utile perché interviene con un livello di specificità che lo strumento normativo generale non può raggiungere. Si pensi alle festività religiose, all’assistenza spirituale, ai riti funebri, alla tutela degli edifici di culto. Soltanto le confessioni che hanno stipulato un’intesa con lo Stato possono accedere al sistema di ripartizione dell’8xmille. L’intesa svolge anche un ruolo di riconoscimento pubblico della confessione religiosa che la stipula. Tutto il sistema di accesso ai diritti, benché non manchino casi di difficoltà o, in alcuni casi, di discriminazione, risulta maggiormente garantito quando si è in presenza di una confessione che ha stipulato un’intesa. Così, ad esempio, per i ministri di culto l’accesso alle carceri non necessita di ulteriori filtri; anche gli enti di culto seguono un iter semplificato per il loro riconoscimento. Non mancano casi, tuttavia, in cui anche in presenza di un’intesa le confessioni incontrato problemi. Si pensi alla legislazione sull’edilizia di culto che, in alcune regioni, ha inciso negativamente anche su alcune confessioni con intesa.

L’accesso al sistema delle intese non è tuttavia automatico e prevede un alto grado di discrezionalità politica da parte dello Stato, oltre ad un previo riconoscimento amministrativo della confessione religiosa. Ciò di fatto ha contribuito a costruire un sistema gerarchico delle relazioni Stato-Confessioni, in cui l’intesa rappresenta un traguardo non sempre raggiungibile e non per tutti. Chi è fuori dalla regolamentazione pattizia, ad oggi, continua a vedere regolati i propri rapporti dalla legislazione sui culti ammessi di epoca fascista o dal diritto comune. Il sistema di legislazione sui culti ammessi è inadeguato per il pluralismo religioso del nostro tempo e per colmarne le lacune le confessioni religiose individuano nell’intesa una sorta di rifugio in cui poter godere di un riconoscimento istituzionale e dei propri diritti, anche al di fuori delle specificità confessionali. Con l’emanazione di una legge generale sulla libertà religiosa adeguata ai nostri tempi il sistema potrebbe trovare un suo maggiore equilibrio e l’intesa tornare a svolgere il ruolo per il quale è stata pensata.


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