Cosa significa essere valdesi, oggi. Risponde Annapaola Carbonatto

In occasione degli 850 anni dalla nascita del movimento valdese, abbiamo chiesto a donne e uomini valdesi di spiegarci il senso della loro fede e appartenenza.

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Roma (NEV), 19 aprile 2024 – Che cosa vuol dire essere valdese, oggi? In occasione degli 850 anni dalla nascita del movimento valdese, abbiamo interrogato diversi esponenti di questa comunità, chiedendo loro di spiegare in modo semplice, sintetico, a parole loro, questa appartenenza. Giovani e meno giovani, provenienti da ogni regione d’Italia, pastore e teologhe, o anche “semplici” cittadini. Ecco le loro risposte.

Protagonista della quinta “puntata” è Annapaola Carbonatto.


Mi sono a lungo interrogata su che cosa voglia dire per me essere valdese oggi, non ho trovato una risposta immediata e questo credo sia già un’anticipazione della mia risposta a questa domanda.

Penso che essere valdese oggi sia complesso, non che la complessità sia una cosa negativa, ma sicuramente è complesso essere valdesi e in generale dichiarare la propria fede in una società che è sempre più espulsiva nei confronti di tutto ciò che ha a che fare con le religioni.

Essere valdese oggi per me vuol dire rivendicare la propria identità religiosa in un contesto che magari ha qualche nozione legata al cattolicesimo ma che è profondamente ignorante sul tema delle religioni. Essere valdese oggi per me vuol dire sentirmi dire – se va bene – «ah siete quelli dell’8×1000!». Inoltre se sei una giovane donna femminista e impegnata a vari livelli su tematiche femministe e LGBTQIA+ ti troverai spesso e volentieri in gruppi profondamente diffidenti e spesso ostili nei confronti di qualsiasi accenno ad aspetti religiosi. Quindi sì, essere valdese oggi oltre che complesso è anche molto faticoso.


Le altre “puntate” qui:

Maliq Meda

Gianluca Fiusco

Paolo Ricca

Gabriella Sconosciuto

Gabriele Bertin