SCHEDA. Il Concilio di Nicea

Icona bizantina; Padri del Concilio di Nicea tenutosi nel 325, con al centro l'imperatore Costantino I, che reggono lo scritto. Foto wiki commons

Nel 2025 si celebrano i 1700 anni del Concilio di Nicea, come ricordato anche nell’ambito della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (SPUC).

Presentiamo due contributi che analizzano da punto di vista storico e teologico l’importanza di quello che è considerato il primo concilio cristianità. Il Concilio di Nicea ha discusso essenzialmente della relazione fra Dio e Gesù, portando un contributo fondamentale alla teologia trinitaria.

La prima parte di questa scheda è curata da Lothar Vogel, la seconda parte da Fulvio Ferrario.


Il Concilio di Nicea – un evento carico di effetti per 1700 anni

Le confessioni di fede di (quasi) tutte le chiese cristiane, spaziando da quelle orientali fino ai puritani inglesi, dichiarano che il Figlio di Dio, diventato uomo in Gesù Cristo, è «della stessa sostanza del Padre». Questa formula è diventata espressione di ortodossia ecclesiale nel concilio celebrato nel 325 a Nicea (oggi İznik, città non lontana da Istanbul). L’assise era stata convocata dall’imperatore Costantino, poco dopo aver preso il controllo delle parti orientali dell’impero in seguito alla vittoria su Licinio. Secondo il resoconto dato da Eusebio di Cesarea, fu ugualmente lui a introdurre nel dibattito sinodale il concetto della consustanzialità del Figlio con il Padre come precisazione da opporre alle visioni teologiche del presbitero alessandrino Ario. Allora, questa scelta non era scontata, non solo per il ruolo che l’imperatore si aggiudicava, ma anche per la preistoria del termine, che era stato censurato come espressione di gnosticismo. Non a caso, Ario difese il suo insegnamento come apologia della cattolicità osservata ad Alessandria in chiave anti-gnostica. Effettivamente, l’assise conciliare inserì la consustanzialità nella sua confessione di fede; ad Ario, invece, fu imposto un confino lontano dalla sua città.

Nonostante la solennità della decisione, la storia degli effetti del Concilio di Nicea fu travagliata. Quando nel 313 Costantino aveva ottenuto il potere all’occidente, aveva già allora inaugurato il suo governo con diversi sinodi, dedicati al problema – allora bruciante in quelle parti – del donatismo, senza risolvere, però, lo scisma. Anche dopo il Concilio di Nicea, la corte imperiale non riuscì a imporre generalmente le definizioni emanate. Al contrario, dopo qualche anno il confino di Ario fu sospeso e lo stesso Costantino cominciò a privilegiare alcuni vescovi considerati “ariani”. Il vescovo Atanasio di Alessandria, invece, grande apologeta del concilio, visse per molti anni al confino. Nel momento in cui si estinse, nel 363, la dinastia di Costantino, sembrava come se il Concilio di Nicea fosse stato non un evento epocale, ma un episodio effimero. Il grande rovesciamento delle carte in tavola avvenne soltanto dopo la devastante sconfitta dell’esercito imperiale ad Adrianopoli contro i goti nel 378. Operando una ricostruzione politica, il nuovo imperatore Teodosio si avvalse di rappresentanti della teologia nicena, o più precisamente, di una delle visioni teologiche allora esistenti basate sul Credo niceno, fortemente sostenuta peraltro dal vescovo Damaso di Roma. Tale lettura, ora in chiave trinitaria, della consustanzialità fu definita come ortodossa al Concilio di Costantinopoli del 381. Da lì, la dottrina niceno-costantinopolitana iniziò la sua marcia trionfale.

Lothar Vogel


Il Concilio di Nicea: problema, soluzione, rilettura odierna

Non è colpa «solo» della società secolarizzata: credo che anche chi frequenta regolarmente una chiesa cristiana abbia serie difficoltà a comprendere le parole del Credo di Nicea del 325; e questo anche se le cattoliche e i cattolici ne ripetono l’essenziale ogni domenica, in quanto esso è incluso nella confessione di fede proclamata dalla comunità nella messa, detta appunto Credo Niceno – costantinopolitano (perché integrato con gli esiti di un altro concilio, tenutosi a Costantinopoli nel 381). Qual è la differenza tra «generato» e «creato»? Che significa «della stessa sostanza»? E, prima ancora: che cos’è la «sostanza», quando si parla di Dio?

Non è illegittimo, anzi, credo sia utile, provare a spiegare il significato di questi termini, per poi cercare di coglierne un significato per la fede cristiana oggi; si tratta però di un’impresa piuttosto complessa, che ci trasporta in mondi culturali, e anche storico-politici, diversi dal nostro. Per non rischiare di mettere alla prova la pazienza di chi legge, vorrei provare a riassumere: a) il problema del concilio; b) la «soluzione»; c) un tentativo di rilettura odierna.

Il problema. Qual è il rapporto tra Dio e Gesù? O anche: chi è Gesù rispetto a Dio? Il Nuovo Testamento chiarisce che non è «solo» un profeta, nemmeno il maggiore tra i profeti. È«il Figlio di Dio» o, secondo Giovanni, Verbo di Dio incarnato. Ma che significa?

La «soluzione». Nicea reagisce a un tentativo di risposta molto meno banale di quel che sembra. Esso afferma: Il Verbo di Dio è la prima delle creature del Padre, una sorta di secondo Dio, di grado inferiore. Il Concilio teme che questa idea introduca una specie di politeismo; in questo caso, Gesù non avrebbe manifestato la realtà dell’unico Dio, bensì quella di una entità a lui inferiore, benché eccelsa. Si afferma quindi che in Gesù si manifesta l’unico Dio, nella sua parola, che è eterna come Dio stesso. Certo, in tal modo, l’idea della distinzione, di un’unità nella differenza, è introdotta in Dio stesso. Meglio questo, dice il Concilio, che separare il Verbo da Dio collocandolo nella creazione (e sia pure al vertice).

Nicea oggi. Formulerei in due tempi. a) Il Dio delle cristiane e dei cristiani è il Dio di Israele; b) la fede cristiana, però, coglie il volto di questo Dio solo e unicamente nella sua rivelazione nella storia dell’uomo Gesù di Nazareth. In lui viene a parola Dio stesso, in una modalità unica e incomparabile.

E lo Spirito santo? Nicea si limita a nominarlo. Ne parlerà il Consiglio di Costantinopoli.

Fulvio Ferrario