Maddalena Colombo: “Nessuna religione autorizza o legittima la violenza sulle donne”

Dopo il convegno su “Violenza di genere e religioni: le sfide locali” promosso dal Comitato Nazionale della Federazione delle donne evangeliche in Italia a Brescia, abbiamo intervistato una delle relatrici, docente di sociologia dei processi culturali e comunicativi, nonché Presidente dell’Associazione Dòsti – Festival delle arti e culture religiose

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Roma (NEV), 16 febbraio 2023 – Gli uomini violenti si trovano, trasversalmente, in tutti i ceti sociali, in tutto il mondo e in tutte le religioni. Come difendere i diritti di cittadinanza di ogni donna? Nel nostro Paese, nonostante i nuovi strumenti legali contro la violenza (con il cosiddetto “codice rosso”), soprusi e violenze contro le donne, sia italiane sia di altre nazionalità, risultano in aumento. Di questo si è parlato nel convegno “Violenza di genere e religioni: le sfide locali” promosso dal Comitato Nazionale della Federazione delle donne evangeliche in Italia (FDEI), tenutosi a Brescia pochi giorni fa.

Abbiamo chiesto com’è andata a una delle relatrici, Maddalena Colombo, docente di sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università Cattolica del Sacro cuore di Brescia, nonché Presidente dell’Associazione Dòsti – Festival delle arti e culture religiose e direttrice del Centro di iniziative e ricerche sulle migrazioni – Brescia (CIRMIB), presso la stessa Università.

Come nasce Dòsti?

Dòsti nasce, come associazione, nel 2019, ma come progetto nel 2016, quando l’allora Prefetto di Brescia Valerio Valenti sollecitò tutte le associazioni, le università e le municipalità del territorio a promuovere il dialogo interreligioso. Valenti si fece garante di un incontro iniziale e poi, dal basso, abbiamo impostato il progetto. Dopo un po’ di riunioni informali si è dato vita a questa formula di dialogo fra linguaggi artistici: musica, poesia, pittura, scultura, teatro, video-arte, digitale. Abbiamo aggregato il tutto intorno a questa idea di un momento di esibizione. Dopo un anno si è realizzata la prima edizione del Festival.

Perché “Dòsti”, con questa Ò che sembra porre l’accento su un girotondo di colori, una sorta di anello che unisce le diversità?

Dòsti in urdu significa amicizia e fratellanza. L’urdu è una lingua significativa per Brescia, perché è meta di emigrazione per molte persone provenienti da India e Pakistan. In questi paesi il panorama religioso comprende, anche, i sikh e gli induisti. Dòsti raccoglie inoltre esperienze e persone in rappresentanza di cristianesimo, ebraismo, islam, buddhismo… La parola è piaciuta a tutti, perché facilmente pronunciabile e diretta, poi l’Accademia Santa Giulia ha realizzato il logo, con la O accentata (accento che in urdu in realtà non c’è).

Violenza di genere e religioni. Un accostamento che ci fa pensare a nodi che vengono al pettine. Come scioglierli? In che modo si può parlare di questo tema?

Sulla violenza di genere non si fa mai abbastanza. Per questo abbiamo collaborato a declinare l’argomento a partire da diversi approcci: teologico, sociologico, quello delle esperienze dirette di una mediatrice culturale di lingua araba e religione islamica. E attraverso la voce di chi risponde alle richieste di aiuto, con il numero di emergenza contro la violenza di genere 1522.

Abbiamo cercato di far capire la doppia faccia della religione, sia nella storia sia nell’attualità. Le religioni si fanno portavoce di una visione maschilista derivante dalla dominanza del patriarcato come modalità di inferiorizzazione delle donne in quanto soggette a un ordine di maschi anziani. Anche una donna anziana non ha mai lo stesso potere di un uomo all’interno di un gruppo, di una comunità o in famiglia, tranne rare eccezioni.

Le religioni sono sessiste?

Le religioni si sono sviluppate così, e così contribuiscono a una visione sessista della società in cui non ci si relaziona alle persone per come sono (con le loro capacità, personalità, carattere, storia, origine, convinzioni e idee), ma in base al loro sesso. Ne rimane una visione ormai storicizzata di donna incapace di cambiare il mondo, semplicemente al servizio dell’uomo e della struttura sociale.

Nella mia relazione, pur presentando questo punto di partenza, ho cercato tuttavia di sottolineare che nessuna religione autorizza o legittima la violenza sulle donne. Tutte, nei propri testi sacri, magnificano la donna come portatrice di vita e generatività, solo per fare un esempio.

Quindi è possibile prendere le distanze da un uso culturale di sopraffazione e di strumentalizzazione della religione a fini maschilisti?

Sì. Occorre recuperare quella funzione della religione che, proprio oggi, potrebbe essere salvifica. Attraverso reti di solidarietà nelle comunità, anche in chiave interreligiosa. Questa è l’altra faccia della religione, ed è quella che può aiutare le donne a uscire dalle condizioni di schiavitù, inferiorità e violenza.

Avete portato testimonianze di sopravvissute alla violenza. A cosa serve condividere la loro storia?

Quello che le donne subiscono, qui o nel mondo immigrato, riguarda tutti e tutte. Pensiamo al caso della ragazza convinta da un uomo che si proclamava referente della sua chiesa pentecostale: portata in Italia con la promessa di un lavoro, ingannata, resa una schiava del sesso, torturata nel viaggio e abusata all’arrivo, ricattata per ripagare il debito anche attraverso una commistione di elementi “animisti” (le veniva detto che per scacciare il male avrebbe dovuto usare il suo corpo come volevano e dicevano i suoi aguzzini). Questa ragazza riesce a prendere le distanze, dicendo innanzi tutto a se stessa: “Non posso credere in un dio che mi fa avere questo”. Viene trovata in strada delle Orsoline della comunità Ruth, negando un dio riscopre un altro Dio in un ambiente di salvezza e accettazione, in un riparo.

Per contrastare la violenza contro le donne, la religione può (deve) essere un rifugio?

Penso che le religioni avrebbero tutte le possibilità di farlo, non solo per creare uno spazio sicuro per tutti e per le donne, ma anche in un senso più intimo e più profondo. Non può essere “dio” a dire all’uomo “picchia la tua donna”. Pensiamo anche al caso di cronaca di Saman Abbas morta in seguito alla volontà di sopprimerla da parte di maschi della famiglia, lo zio e dei fratelli. Uno di questi uomini si costituisce parte civile e permette di ricostruire parte della vicenda, di ritrovare il suo corpo. Questo fa capire la differenza fra un precetto religioso e l’abuso culturale per comportamenti giudicati sconvenienti. Questo fa capire cosa significa lesione della libertà. Per capire, dobbiamo attaccarci a episodi reali e concreti della violenza nel mondo religioso. Essa c’è ovunque, nel cristianesimo come nell’islam come altrove.

Quali alleanze vede possibili per uscire finalmente dalle spirali della violenza?

Serve una riforma dentro le religioni. E serve un ponte fra le religioni, per il riconoscimento universale del diritto e della libertà di professare o meno una religione, e di come professarla. Mi ha molto colpito la testimonianza della relatrice afghana, Batool Haidari, attivista per i diritti umani, Da lei abbiamo ascoltato cosa significa subire violenza e limitazione della libertà personale. E cosa comporta il tentativo di liberarsi. In continuità con altri settori dell’agire umano e del pensiero, la religione deve autoriformare se stessa e offrire a uomini e donne un messaggio di libertà e salvezza. Come presidente di un’Associazione impegnata su questi temi, sento di dire che non voglio fare ricerca, ma fare azione. Per questo mi sento onorata di partecipare insieme ad altre donne e altri uomini di tutte le religioni alla creazione di qualcosa di nuovo.

Prossimi appuntamenti?

Grazie anche ai fondi Otto per mille della Chiesa valdese – Unione delle chiese metodiste valdesi, stiamo organizzando il nostro prossimo Festival, il primo in presenza post-pandemia, nell’ambito di Brescia-Bergamo capitali della cultura. Vi aspettiamo dal 6 al 13 maggio sul tema “morire e rinascere”. Un ciclo che lega da sempre le generazioni, le origini, i territori e le religioni.


Al convegno hanno partecipato, inoltre, moderate dal pastore della Chiesa valdese di Brescia Leonardo Magrì: la pastora Gabriela Lio, presidente FDEI Roma. Naima Daoudagh, Mediatrice culturale nei servizi sanitari. Viviana Cassini, Presidente Associazione Casa delle donne-Centro Antiviolenza, Brescia. Batool Haidari, Università di Kabul, attivista per i diritti delle donne.

I primi tre festival di Dòsti sono stati: “La religione come relazione sociale – I suoni dell’anima”, nel 2017. “Feste religiose: rito, suono, colore” nel 2018. “Il respiro della Terra: religioni e ambiente nella comunità locale”, nel 2019. Con la pandemia è arrivata “Radio Dòsti”: musica, racconti, fiabe, discussioni su arte, spiritualità e religioni in podcast.


CODICE ROSSO

Il codice rosso (Legge 69/19) ha velocizzato alcuni provvedimenti di tutela delle vittime di violenza e ha introdotto nuovi reati. Ha inoltre inasprito diverse sanzioni e introdotto aggravanti.

Dal delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate (il cosiddetto “revenge porn”), con reclusione da 1 a 6 anni e multa da 5mila a 15mila euro.

Al delitto di sfregio, che prevede la reclusione da 8 a 14 anni, la cui condanna comporta anche l’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all’amministrazione di sostegno. Se lo sfregio causa la morte, la pena è l’ergastolo.

Per la costrizione o induzione al matrimonio, la pena è la reclusione da 1 a 5 anni, aggravata quando il reato è commesso a danno di minori. Si procede anche se il fatto è commesso all’estero da o in danno di un cittadino italiano o di uno straniero residente in Italia.

Per la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, la detenzione va da 6 mesi a 3 anni.

Lo stalking è punito con la detenzione fino a 6 anni e 6 mesi.

Per la violenza sessuale: reclusione da 6 a12 anni, con diverse aggravanti che possono portare la reclusione fino a 24 anni di carcere. La violenza sessuale di gruppo viene punita con la reclusione fra 8 e 14 anni.

I maltrattamenti contro familiari e conviventi sono puniti con la reclusione da 3 e 7 anni; in caso di lesioni gravi o gravissime, le pene aumentano, fino a 15 anni, e sono raddoppiate in caso di morte. Pena aggravata della metà, inoltre, se il delitto è commesso in presenza o in danno di minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità.

L’omicidio aggravato da relazioni personali è punito con l’ergastolo anche in caso di relazione affettiva senza stabile convivenza o di stabile convivenza non connotata da relazione affettiva.

Per alcuni delitti inoltre, ad esempio per la violenza sessuale, la vittima può sporgere querela fino a 12 mesi dal fatto. Per i reati sessuali, la sospensione condizionale della pena è subordinata alla partecipazione a percorsi di recupero. La normativa prevede, infine, corsi professionali specifici per le forze dell’ordine, per la prevenzione e la valutazione dei rischi di reiterazione.