8 marzo, le protestanti. La parola di Elisa: “Autonomia”

In occasione e verso la "Festa della donna" pubblichiamo una serie di brevi interviste ad alcune donne protestanti. A loro abbiamo posto le stesse (8) domande, molto poco teologiche né particolarmente femministe, per raccontare chi sono e cosa pensano. Di genere, di diritti, e non solo.

foto di Lindsey LaMont, da Unsplash.com

Elisa Baglieri, segreteria di redazione della rubrica televisiva Protestantesimo, collabora alla trasmissione radiofonica Culto evangelico, battista.

8 marzo: cosa rappresenta per lei? Lo festeggia? Se sì come? Se no perché? 

È una giornata utile a ricordare e denunciare le disparità che ancora oggi esistono in vari ambiti tra il genere maschile e quello femminile. Non festeggio perché credo ci sia poco da festeggiare.

La donna che ammira di più.  

Direi mia madre, perché credo che lei mi abbia insegnato a conquistare la mia autonomia, a camminare sulle mie gambe e a difendere la mia libertà. Se confronto le mie scelte con le sue sono certamente diverse, lei ha scelto di realizzarsi all’interno della famiglia, il mio percorso è stato diverso, ho cercato prima un’indipendenza economica e un lavoro che mi piacesse e dopo è arrivato l’amore della mia vita con cui condivido il bello e brutto tempo con pazienza e serenità.

La suffragetta statunitense Elizabeth Cady Stanton, alla fine del secolo XIX, con altre attiviste scrisse The Woman’s Bible (La Bibbia della donna). Qual è il ruolo della donna, nella sua religione e comunità, dal suo punto di vista, non solo teologico quanto soprattutto per quella che è la sua esperienza personale?

Sono nata in una famiglia protestante. Posso dire che nelle chiese protestanti le donne come gli uomini possono professare la propria fede senza alcun discrimine e ricoprire anche ruoli molto importanti. Certo non è tutto rose e fiori, anche all’interno delle nostre comunità scattano gli stereotipi che riscontriamo ogni giorno nel nostro quotidiano.

Si è mai sentita discriminata o sminuita in quanto donna? 

Mi piacerebbe poter dire mai ma purtroppo non è stato sempre così. Diciamo che mi capita sempre meno. Noto che i tempi stanno cambiando credo perché noi donne siamo più attente a non farci sopraffare ed essendo anche madri ci sforziamo di educare i nostri figli al rispetto della persona in quanto tale.

“Donne che stanno “un passo indietro”, aborto come frutto di “stili di vita incivili”: sono solo due degli ultimi episodi di sessismo che, al di là delle responsabilità di chi lo esplicita, esiste e permane nel racconto collettivo della società, sui media, nella narrazione dell’attualità. Che cosa ne pensa?

Penso che per cambiare questa narrazione ci sia bisogno di donne che prendano in mano il loro destino, acquisiscano più consapevolezza del loro valore e gli uomini non abbiano paura di confrontarsi. E’ un percorso che deve iniziare dalle madri per prime. Spesso il modo in cui gli uomini trattano le donne è il frutto di un’educazione impartita da madri che hanno accettato di stare un passo indietro e che subiscono e accettano di essere condotte per mano dai propri mariti.

Un provvedimento, politico, legislativo, o culturale, che assumerebbe per migliorare la condizione femminile in Italia o nel mondo, o a livello locale.

A me piacerebbe che non si dovesse arrivare a prendere provvedimenti legislativi per rendere la nostra società più giusta e più equa, mi piacerebbe essere valorizzata per quello che sono senza che venga fatta una legge ad hoc che mi tuteli e non mi discrimini. Quindi credo, che il percorso da intraprendere, anche se lungo, sia quello di educare al reciproco rispetto. Certo non sarà né rapido né semplice ma credo possa essere una buona pratica.

Nel 2018 il movimento del #MeToo è stato nominato “persona dell’anno” dal Time. Nello stesso anno, si stima che 379 milioni di donne abbiano subito violenze fisiche e/o sessuali. Che ne pensa?

Se questi sono i numeri, temo non sia cambiato niente anche se credo che questo movimento sia servito a far uscire dall’anonimato quello che per troppo tempo è stato tenuto nascosto per pudore o peggio per timore di non essere credute. Penso che dobbiamo imparare, come donne, a volerci più bene, e inoltre c’è bisogno di attenzione e sostegno da parte di tutta la società civile.

Un messaggio per gli uomini. E uno per le donne.  

Agli uomini vorrei dire che è arrivato il momento di diventare adulti. Perché la vita non è un gioco e non vince chi ha più forza ma chi sa amare. Esprimere amore non significa essere deboli. Alle donne e a me stessa vorrei dire di avere cura di noi stesse. Come donne abbiamo una grande responsabilità, quella di essere chiamate ad educare i nostri figli e le nostre figlie.